mercoledì 1 maggio 2024

"Come cavalli che dormono in piedi" di Paolo Rumiz

 


Di Paolo  Rumiz ho un ricordo indelebile nella mia memoria, quando una sera di  alcuni  anni fa, nel  Parco naturale delle Capanne di  Marcarolo (siamo in provincia di  Alessandria), si  tenne un concerto della European Union Youth Orchestra con la voce dello  scrittore che leggeva alcuni  brani  dei  suoi libri, facendo così da filo  conduttore tra musica e parole. 

Purtroppo, la sera precedente all'evento, vi  fu un tragico  episodio dovuto  all'annegamento di un ragazzo nel  torrente lì vicino, ciò mise in forse lo svolgersi  del programma, poi  la decisione fu  quella di ricordare la vittima con un commovente assolo di  tromba sulle note del  silenzio.

Paolo  Rumiz insieme alla European Union Youth Orchestra (Immagine ©caterinAndemme)


Al termine del concerto, sfidando la barriera umana che si  era creata intorno  allo  scrittore, riuscii a farmi  fare una  dedica su uno dei  tanti libri  che ho  dell'autore, una dedica impreziosita da un disegno rappresentato  da una palma stilizzata tra le dune e uno  spicchio  di luna (per la cronaca il libro è Annibale

Chiudo  questo breve preambolo  sul mio  ricordo (abbastanza breve, vero?) per dare la mia impressione sul libro  di  Paolo  Rumiz Come cavalli  che dormono in piedi.

Mi piace molto come scrive  Paolo  Rumiz, godibile per la scioltezza delle parole e interessante per la descrizione dei luoghi  attraversati e i personaggi incontrati lungo i suoi  viaggi,  raccontando il tutto in maniera conviviale, quasi  che il lettore fosse lì in compagnia dell'autore e dei  suoi compagni  d'avventura.

Eppure, in Come cavalli  che dormono in piedi il tono è malinconicamente nostalgico, già  si  comprende dalla dedica che l'autore fa <<ai nonni che non ho mai  conosciuto>>.


 

Partendo  dal  ricordo  di  suo nonno Ferruccio, triestino come lui,  il quale durante la Prima guerra mondiale, Trieste allora, faceva parte dell'Impero  austroungarico, andrà a combattere sul fronte russo, in particolare in Galizia - regione storica oggi  compresa tra Polonia e Ucraina -  Paolo Rumiz vuole ricordare quei centomila uomini i quali, essendo  sudditi  dell'impero,  andranno  a combattere per gli  austroungarici  venendo vessati dagli ufficiali che non credevano nel loro  coraggio e, invece, più di una volta, dimostrarono il loro  valore sui  campi  di  battaglia.  

Quasi  fosse una censura, la stessa loro  memoria viene negata,  come se a quegli uomini, sempre italiani, fosse addossata la colpa di  avere combattuto per un'altra bandiera, dimenticando la verità storica dietro la tragedia di una guerra.