Eccomi di nuovo sull'argomento Intelligenza Artificiale e ricadute sul nostro vivere quotidiano.
Ovviamente, non essendo un'informatica o programmatrice o qualunque altra cosa che mi vedrebbe professionista del settore, ciò che vado a scrivere (soprattutto di un libro che parla di AI) verrà fatto con la modestia di chi si pone la questione da un punto di vista di utente (quanto scritto mi mette al riparo da ogni strafalcione tecnologico).
Del libro scriverò in seguito, vi chiedo solo se l'immagine di copertina, sintesi tra una pittrice e tecnologia utilizzata per creare arte, vi sia piaciuta.
Potete lasciare ogni commento nel modulo in home del blog: quelli lusinghieri verranno messi in risalto, mentre quelli negativi cestinati immediatamente.....scherzo, ogni commento è gradito (tranne quelli con contenuti volgari).
Partendo dal presupposto che esplorare ciò che la tecnologia offre, tenendo sempre presente che le finalità non devono mai essere motivo d'inganno, mi sono ritrovata (stuzzicata dalla curiosità) a cercare un nuovo strumento per creare le copertine dei miei blog e altri lavori dopo anni che ho utilizzato software quali Krita e Gimp.
Sono approdata a Leonardo.Ai e da lì si può dire che è partita la mia passione per immagini generate attraverso comandi testuali (prompt) di raffigurazioni che, in primo luog,o metto per iscritto su di un foglio (la cara vecchia carta e penna) per avere ben chiaro ciò che desidero e cercare di essere il più attinente all'idea che avevo in mente.
Come prima creazione ho immaginato il volto di una giovane donna per poi proseguire con altri soggetti di vario tipo.
Inoltre, sempre parlando di AI, ho creato un nuovo blog (ha appena due settimane di vita): PixelbitAI....anche qui, dopo una vostra visita al sito, potete lasciarmi un commento.
Il libro: Intelligenza Artificiale
Lei è Francesca Rossi, docente all'Università degli studi di Padova e presidentessa dell'International Joint Conference on Artificial Intelligence nonché revisore scientifico presso il Journal of Artificial Intelligence Research.
In poche parole una scienziata che, occupandosi di AI, riesce a divulgare l'argomento in maniera comprensiva anche ai non addetti al lavoro (come la sottoscritta).
L'ultima sua opera si intitola Intelligenza Artificiale la quale parla di come alla nascita di ChatGPT e a seguire programmi similari, questo tipo di tecnologia ha creato una divisione tra coloro che ne sono entusiasti e chi invece, al contrario, vede in essa un pericolo per l'umanità (Terminator rappresenta ciò che la favola di Cappuccetto Rosso ha reso il lupo un'animale da demonizzare).
Francesca Rossi nel suo libro ci spiega in maniera chiara quello che è dietro ai meccanismi delle reti neurali, il fenomeno legato al deepfake e le questioni etiche legate all'Intelligenza Artificiale.
Senza contare che ormai l'AI è pervasiva nella nostra società in ogni settore: dalla sanità allo studio, dalla guerra all'informazione (nel video seguente l'intervista a Francesca Rossi)
Edmondo De Amicis (Mario Nunes Vais - Collezione del Fondo Nunes Vais)
Ammetto senza vergogna di avere avuto una grossa lacuna letteraria nei confronti di Edmondo (Mario Alberto) De Amicis: limitando la mia conoscenza delle sue opere a quelle più classiche, cioè Cuore, Il romanzo di un maestro, e Amore e ginnastica.
E' appunto con Memorie Mediterranee che ho avuto modo di conoscere un Edmondo De Amicis giornalista e viaggiatore, spigliato e a volte ironico nella descrizione del suo girovagare attraverso il Mare nostrum.
Pubblicato per la prima volta nel 1908 Memorie Mediterranee si articola in quattro sezioni principali:
Spagna: con resoconti su Barcellona, Madrid e l'Andalusia
Marocco: con la descrizioni di città quali Fez e Tangeri
Costantinopoli (tema principale di questo articolo)
Sicilia: basato su Ricordi di un viaggio in Sicilia, è il confronto della trasformazione della Sicilia dopo quarant'anni dalla sua prima visita .
Il libro è una raccolta di reportage che De Amicis scrisse principalmente per il giornale fiorentino La Nazione
Cesare Biseo - danzatrice orientale (1876)
Il libro è arricchito dai disegni dell'amico Cesare Biseo, pittore e illustratore (Roma, 18 aprile 1843 - Roma, 25 gennaio 1909).
I reportage sono talmente vividi nella narrazione che sembra di essere accanto all'autore nel momento in cui egli scrive: così si entra nel Museo del Prado di Madrid con E. De Amicis che illustra i capolavori di Goya come se fosse una guida del museo.
Ancora più vivida (e cruda) è la descrizione di una corrida: qui il sangue versato sulla terra dell'arena, i corpi smembrati dei cavalli e il tripudi degli spettatori ogni qualvolta il torero infilzava con l'estoque (la spada) il povero animale (lasciatemi dire che la corrida non mi piace), il tutto è talmente forte da sembrare quasi la sequenza di una sceneggiatura tratta da uno dei tanti film splatter.
Il clou del libro è comunque il viaggio a Costantinopoli - Stambul nella versione originale: nelle note del testo si legge che l'editore ha voluto mantenere le grafie e accentazioni dell'epoca - nessun aspetto della città viene tralasciato: dal Gran Bazar a Galata, dalla cucina agli alberghi, dai cani randagi alla vita malinconica degli eunuchi, alla religione, dagli italiani che lì abitavano pacificamente insieme a greci ed ebrei fornendo un caleidoscopio di popoli e culture.
Che il racconto di Edmondo de Amicis su Costantinopoli è da considerare uno dei più accreditati viene dall'affermazione del Premio Nobel Orhan Pamuk che dice:
Costantinopoli di Edmondo de Amicis è la migliore opera su Istanbul del XIX secolo.
Per quanto mi riguarda ho a cuore ciò che Edmondo De Amicis scrive alla conclusione del suo viaggio a Costantinopoli:
Chi sa che qualche sposa italiana del secolo ventunesimo, venendo qui a fare il suo viaggio di nozze, non esclami qualche volta: "Peccato! Peccato che Costantinopoli non sia più come la descrive quel vecchio libro tarlato dell'Ottocento che ritrovai per caso in fondo all'armadio della nonna".
Mi sono ripromessa che un giorno andrò a Istanbul (non necessariamente in viaggio di nozze) portando in viaggio con me Memorie Mediterranee come guida, pensando di ascoltare la voce di Edmondo de Amicis che mi illustra le bellezze di questa intramontabile città.
Il viaggio continua insieme ad altri centocinquanta compagni
Il romanzo di Costantinopoli è un'opera monumentale a prescindere dalle sue 956 pagine: non poteva essere altrimenti considerando gli autori: Silvia Ronchey, saggista e bizantinista con cattedra di Civiltà bizantina presso l'Università di Roma Tre, e Tommaso Braccini che insegna Filologia Classica e Lingua e Letteratura Greca all'Università di Siena.
Gli autori, attraverso testi di poeti, filosofi, viaggiatori e storici ( citando a esempio tra i tanti Procopio, Flaubert, Anna Commena) ricostruiscono l'identità della città come crocevia di civiltà.
Nel libro troveremo sia la biografia aggiornata di ogni singolo autore che immagini comprendenti disegni e mappe storiche.
Il romanzo di Costantinopoli copre 16 secoli di storia, quindi dall'epoca bizantina (330 - 1453) fino al periodo ottomano (limitato con termine al 1923).
Lo sviluppo del testo è un inconsueto itinerario topografico e storico: ogni percorso è è illustrato da una mappa e da una introduzione scientifica e narrativa dedicata ai luoghi attraversati.
Chi di voi non conosce le leggi delle robotica scaturite dalla mente letteraria di Isaac Asimov e pubblicate nel 1942 nel racconto Runaround (Circolo vizioso) sulla rivista Astounding Science - Fiction?
In sintesi sono queste:
1. Un robot non può recare danno a un essere umano né può permettere che, a causa del suo mancato intervento, un essere umano riceva danno.
2. Un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani, purché tali ordini non vadano in contrasto alla prima legge.
3. Un robot deve proteggere la propria esistenza, purché la salvaguardia di essa non contrasti con la Prima o con la Seconda legge.
Asimov ha introdotto questi principi di sicurezza, servizio e autoconservazione per garantire che i robot non fossero pericolosi per l'uomo se progettati e utilizzati correttamente.
Le leggi divennero popolari e influenzarono altri scrittori, contribuendo a ridurre le storie di robot distruttivi.
Legge zero
Successivamente, Asimov postulò una quarta legge, la Legge Zero, che è superiore alle altre tre:
Un robot non può danneggiare l’umanità, né può permettere che, a causa del suo mancato intervento, l’umanità riceva danno.
A seguito dell’introduzione della Legge Zero, le tre leggi sono state modificate:
1. Un robot non può recare danno a un essere umano né può permettere che, a causa del proprio mancato intervento, un essere umano riceva danno, purché questo non contrasti con la legge zero.
2. Un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani, purché tali ordini non contravvengano alla legge zero e alla prima legge.
3. Un robot deve proteggere la propria esistenza, purché questa autodifesa non contrasti con la legge zero, la prima legge e la seconda legge.
L'introduzione della Legge Zero ha sollevato dibattiti, poiché ammette la possibilità che un robot possa danneggiare un essere umano se la salvaguardia dell'umanità è l'obiettivo superiore.
fonte tratta da Perplexity AI
Chissà se Gli Umanoidi di Jack Williamson (pseudonimo di John Stewart Williamson) hanno avuto modo di leggere le Leggi della robotica di Asimov, considerando che questo romanzo è stato scritto nel 1948 (dunque sei anni dopo il postulato asimoviano) e pubblicato a puntate sulla rivista Astounding nel 1949, mentre per l'Italia è apparso per la prima volta nel 1955 nella collana Urania di Mondadori (copia che io conservo gelosamente nella mia raccolta di libri di fantascienza)
La trama:
Fra più di diecimila anni, in un lontano pianeta (Wing IV) sta per scoppiare una spaventosa guerra scatenata dalle Potenze Triplanetarie.
Lo scienziato Clay Forester, scopritore della rhodomagnetica, sta febbrilmente mettendo a punto l'arma segreta per fare deflagrare un pianeta (non vi ricorda la Morte Nera di Guerre Stellari?), quando incominciano a succedere cose strane:
Entra in scena Jane, una misteriosa bambina che compare e scompare in maniera inesplicabile, la cui venuta da l'inizio alla vicenda centrale del romanzo e cioè la lotta contro Gli Umanoidi, i quali, essendo stati progettati per servire, obbedire e proteggere gli umani dal male, vanno ben oltre a questa direttiva impedendo agli umani qualsiasi attività che non sia concettuale (quindi il solo pensare) rendendoli in qualche modo schiavi di un'interpretazione oltre ogni limite a scapito della libertà individuale.
Nel 1980 Jack Williamson scrisse The Humanoid Touch (Il ritorno degli umanoidi pubblicato in Italia nel 1982 sempre nella collana Urania della Mondadori: inutile dire che anche questo romanzo fa parte della mia collezione di romanzi di fantascienza).
In questo nuovo capitolo gli umanoidi confrontano la loro esistenza con il concetto di umani e, di conseguenza, il loro libero arbitrio che sfocia nel rapporto tra tecnologia e società (tema che sempre di più oggi sta diventando pressante).
La stessa problematica è cioè il grado di libertà di un androide lo abbiamo visto nel capolavoro di Ridley ScottBlade Runner, a sua volta tratto liberamente dal libro Do Androids Dream of Eletric Sheep? di Philip K. Dick.
Qui di seguito una scena iconica del film in ricordo di Rutgher Hauer.
Intanto gli umanoidi sono già tra noi
Naturalmente gli umanoidi di cui si parla sono molto diversi da quelli dei racconti di fantascienza (Terminator per il momento è fuori discussione), ma sono quelli nati da progetti dove l'AI robotica verrà (o viene già) utilizzata per svolgere lavori di logistica, lavori ritenuti pericolosi o ripetitivi, ma sempre come aiuto e supporto al lavoratore umano (tralasciando le ipotetiche complicazioni riguardo alla sostituzione totale di un operatore umano con un robot e, quindi, la reale possibilità di vedere più gente in giro alla ricerca di un lavoro).
Tra i tanti progetti non poteva mancare quello di Elon Musk che con il suo Tesla's Optimus mira a sviluppare un robot umanoide multiuso e, nel contesto della parola multiuso, anche quello di guardia di sicurezza (Elon Musk forse pensa ad una sua versione di Robocop?)
Anche Open AI scende in campo per la robotica umanoide ( a dire la verità lo aveva già fatto in precedenza ma, nel 2021, aveva chiuso la sua divisione di robotica) creando un umanoide con funzioni analoghe a quelle viste in Optimus: in poche parole in futuro vi sarà ampio spazio per la competizione di quote di mercato tra le major che si occupano di AI e suoi derivati.
Ahi....Ahi quanto mi fa male l'AI
Si incomincia a parlare di troppa dipendenza dalla AI a scapito del pensiero critico, cioè si da troppo spazio all'affidamento eccessivo fornito da algoritmi senza una analisi della veridicità delle fonti: in poche parole l'utente diventa un semplice usufruitore di contenuti in maniera passiva: l'invito è quello di sviluppare, per l'appunto, l'atteggiamento critico verso i risultati forniti dall'AI verificando le fonti e utilizzare l'Intelligenza Artificiale come strumento lasciando intatto il libero arbitrio nel decidere se ciò che ci viene offerto sia coerente con quanto la logica suggerisce.
Ops! Ho la batteria scarica e devo urgentemente andare a caricarmi.....
Si inizia il viaggio in compagnia di H.P. Lovecraft
<< Mi vedo costretto a parlare poiché alcuni uomini di scienza rifiutano di prendere in considerazione i miei suggerimenti senza darsene ragione.
E' del tutto contro la mia volontà che mi accingo a spiegare i motivi per oppormi alla contemplata invasione dell'artico, all'estesa ricerca di fossili, alla trivellazione su larga scala e allo scioglimento di vaste zone della calotta ghiacciata.
Sono anche riluttante a farlo perché i miei ammonimenti potrebbero riuscire vani..>>.
Se a questo incipit non segue un vostro crescente interesse per proseguire la lettura del romanzo lovecraftiano Le montagne della follia, posso comprendervi in quanto l'horror d'antan di Howard Philips Lovecraft potrebbe risultare indigesto per il climax narrativo ridondante, ma comunque coinvolgente, che alcuni critici definiscono come opera rilevante del realismo fantastico - che cosa sia in effetti il realismo fantastico proprio non lo so, anzi, se ne sapete più di me, vi invito a condividere le informazioni con me attraverso un messaggio - dove gli elementi scientifici (molto sviluppati nella scrittura di Lovecraft) si amalgamano con quelli fantastici dei miti di Cthulhu.
Non per nulla in Le montagne della folliaviene citato più di una volta il Necronomicon (capofila dei pseudobiblia altra invenzione della fervida fantasia di Lovecraft), senza tralasciare il tributo che l'autore fa a un altro scrittore celebre per la letteratura dell'orrore e cioè Edgard Allan Poe.
Infatti, di quest'ultimo viene più volte citato il romanzo Gordon Pym proprio all'inizio de Le montagne della follia.
Il romanzo, scritto nel 1931, venne pubblicato nel 1937 (un anno prima della morte di Lovecraft) a puntate sulla rivista Astounding Stories, dopo che la pubblicazione del romanzo fu rifiutata da Weird Tales perché giudicato troppo lungo ma, da come si può evidenziare dall'anteprima seguente, altri racconti di HPL vennero pubblicati prima e dopo nella stessa rivista.
Le montagne della follia è ambientato in Antartide dove una spedizione scientifica per puro caso si ritrova a scoprire le vestigia di un'ancestrale civiltà (gli Esseri Antichi) i cui discendenti non sono per nulla amichevoli nei confronti del genere umano: comprendo che tale riassunto è abbastanza restrittivo tanto da suggerirvi di dare un'occhiata a questa anteprima del libro edita su Amazon con la traduzione di Gianni Pilo, profondo conoscitore delle opere di HPL tanto da avere scritto l'edizione dell'opera omnia di Lovecraft prima a cura della casa editrice Fanucci e, in seguito, in quella della Newton & Compton (12 e 5 volumi rispettivamente).
Ritornando a quanto scritto in precedenza, cioè agli elementi scientifici inseriti nel romanzo, è bene ricordare che Lovecraft sin da giovane si era interessato alla chimica e all'astronomia fino a diventare, in età adulta, direttore di rivista scientifiche come The Scientific Gazette e The Rhode Island Journal of Astronomy.
Nel 1945 il critico letterario Edmund Wilson scrisse sulle pagine del New Yorker un articolo sulle opere di Lovecraft dicendo testualmente: "Lovecraft non era un bravo scrittore": io, che non sono una critica letteraria, ma da semplice fan di HPL, dico il contrario e cioè Lovecraft era un bravo scrittore (contestualizzando i suoi racconti nel periodo in cui essi furono ) e che Le montagne della follia è (per mio giudizio) il migliore tra essi.
Il viaggio si conclude sul lago Vostok
Quante volte la fantascienza ha utilizzato come location (odio questa parola ma la utilizzo piegandomi al lessico corrente) i ghiacci dell'Artico e dell'Antartico: da X- Files (serie irraggiungibile sotto certi aspetti) fino andando indietro nel tempo a questo film del The Thing del 1951 diretto da Christian Nyby (e del quale nel 1982 il regista John Carpenter ne ha tratto il film omonimo, con un sequel del 2011, in puro stile splatter).
Anche il lago Vostok come vedremo è fonte di mistero....
Immagine tratta da Wikipedia
Come si può vedere dall'immagine soprastante, il lago Vostok è un oceano in miniatura invisibile perché nascosto da una coltre di ghiaccio spessa all'incirca tre chilometri.
Il lago Vostok è un lago subglaciale situato al polo sud la cui scoperta risale agli anni '70. Furono scienziati russi, qualche anno dopo, a riuscire a trivellare lo spessore del ghiaccio che lo ricopriva per raggiungere la sua superficie ed analizzarla.
I primi risultati parlavano della presenza di elemento liquido appunto come l'acqua, risalente a venti milioni di anni fa.
Conseguenza di tale scoperta (mista a una irrazionale paura dettata dai media) fu quella di ipotizzare l'esistenza di vita per la presenza di antichi batteri, presenti unicamente in questo sito, dei quali non si conosce la biologia, quindi ritenuti potenzialmente pericolosi.
Al contrario, potrebbero essere i batteri presenti all'esterno che, entrando in contatto con questo fragile ecosistema, potrebbero inquinarlo e distruggerlo.
Un' altra particolarità del lago è quella dell'acqua superficiale decisamente più fredda mentre in profondità, la temperatura risulta di essere 30 gradi sopra lo zero: gli scienziati propongono nei loro studi che ciò sia dovuto a un assottigliarsi della crosta terrestre in quel punto e quindi che sia il magma sotterraneo a riscaldare le acque di profondità.
Ma c'è una questione in cui la scienza cede facilmente il passo alla fantascienza: la presenza di una fortissima anomalia magnetica che, estendendosi per un centinaio di chilometri, sembrerebbe essere generata da un misterioso elemento metallico di forma circolare molto regolare (ciò farebbe escludere i resti di un meteorite).
La presenza di questo misterioso oggetto è coperto da Top Secret sia da parte russa che americana.
Chissà: da questa ipotetica astronave aliena potrebbe uscire un essere che ci saluterebbe gridando Tekeli-li! Tekeli -li come gli Esseri Antichi de Le montagne della follia
Nel 1492, mentre Cristoforo Colombo a sua insaputa scopriva l'America, a Barga (in provincia di Lucca) la cronaca locale riporta la storia di una sfera di fuoco che solcò il cielo con grande rombo (probabilmente si trattava del passaggio di un meteorite dal peso di 120 chilogrammi che si schiantò nel novembre dello stesso anno in Alsazia, nei pressi di Ensisheim)
Qualche secolo dopo, precisamente nel 1954, Urania, la collana della Mondadori dedicata ai racconti di fantascienza, pubblicò il romanzo Sfere di Fuoco di Erik van Lhin (uno dei tanti pseudonimi del prolifico autore statunitense Lester del Rey)
Nel romanzo , ambientato sul pianeta Mercurio, una colonia di terrestri deve fare i conti non solo con le tempeste magnetiche solari ma anche con un'entità fornite di intelligenza propria (appunto le Sfere di Fuoco).
Dal racconto di fantascienza passiamo a quella del mito o leggenda:
Si narra che ogni anno ad ottobre sul fiume Mekong misteriose sfere di fuoco, chiamate dalla popolazione locale bung fay paya nak, si elevano dalla sua superficie verso il cielo notturno, per poi scomparire alla vista.
Per la popolazione queste sfere non sono altro che emanazioni di un leggendario popolo di uomini -serpenti: i naga.
La scienza, comunque, ci dice che nella categoria sfere di fuoco possiamo includere i fulmini globulari, i fuochi fatui e altri fenomeni simili delle quali la scienza fornisce le seguenti ragioni:
Alcune sfere di fuoco sembrano essere il prodotto di organismi viventi: il decadimento della materia organica nelle paludi e in altre zone umide porta al rilascio di gas contenti metano e fosforo (fosfina) che possono incendiarsi dopo avere interagito con l'ossigeno dell'atmosfera producendo, quindi, una luce tremolante sospesa a mezz'aria.
Alcuni fenomeni, d'altra parte. sono di origine elettrica come, a esempio, una scintilla all'interno del terreno durante un terremoto: in questo caso le rocce sollecitate rilasciano un flusso di elettroni in superficie dove, sempre interagendo con l'aria, producono lampi di luce.
Il discorso cambia quando si parla di fulmini globulari che si producono in atmosfera indipendentemente da esserci o meno un temporale in corso:
La loro forma è pressoché sferica e di diametro variabile, mentre il loro movimento è rapido e casuale, oppure, al contrario, rimangono stazionarie nel cielo ( potrebbe essere una spiegazione ai recenti avvistamenti di droni misteriosi nei cieli degli Stati Uniti? Questa è solo una mia modesta ipotesi).
Una certa cronaca, diciamo al limite dell'impossibile, parla di alcuni casi in cui il fulmine globulare, entrando in una casa (da una finestra aperta?), ha ucciso chi si è trovato in quella stanza.
Oppure si parla anche di fulmini globulari passeggiare lungo la corsia di un aereo (è quello che riferì l'astronomo Roger Jennison durante un volo notturno nel 1963).
Le risposte al quesito riguardante la natura dei fulmini globulari sono varie (in alcuni casi bizzarre) e vanno dai micro buchi neri, fenomeni dovuti a particelle calde di silicio, una reazione nucleare in miniatura (a proposito di bizzarrie, fino a crisi allucinatorie dovute all'epilessia (mai riscontrate in medicina!).
Lo scienziato cinese H.C. Wu dell'Università di Zhejiang, prendendo spunto che le sfere potrebbero essere formate da radiazioni a microonde, ipotizza che:
Le microonde nascono da un gruppo di elettroni accelerati a una velocità prossima alla quella della luce.
Ciò avviene quando il terreno è colpito da un fulmine, in particolare gli elettroni sono accelerati dal forte campo magnetico, creato come quando un canale di elettroni si muove gradualmente dalla base di una nuvola verso il suolo, appena prima del flash luminoso e cioè del fulmine.
In quella parte del fulmine che raggiunge il suolo, prosegue Wu, si può produrre un gruppo di elettroni relativistici, che, a loro volta, emettono intense radiazione a microonde: indipendentemente dalla fonte, le microonde atmosferiche producono plasma caricando l'aria circostante.
La radiazione esercita una pressione sufficiente a spingere il plasma verso l'esterno in una bolla che noi, per l'appunto, vediamo come un fulmine di forma sferica.
Le microonde intrappolate al suo interno continuano a generare plasma e quindi a mantenere in vita la bolla per una breve durata.
Il fulmine, alla fine, sbiadisce appena la radiazione, trattenuta all'interno della bolla, viene dissipata.
In caso contrario la bolla si rompe causando un'esplosione.
La presenza di microonde e plasma come componenti dei fulmini globulari ne spiegherebbe alcune delle proprietà come quella di attraversare i vetri delle finestre, creare un rumore udibile all'orecchio umano e generare ozono.
Questo, sempre secondo le teorie dello scienziato cinese, spiegherebbe come un fulmine globulare può entrare anche nella cabina di pilotaggio di un aereo: gli elettroni ne attraverserebbero il guscio metallico dopo essere stati accelerati dall'energia prodotta dal fulmine.
in ogni caso la scienza continua a indagare per fornire una risposta precisa ed esauriente per quanto riguarda la formazione delle sfere di fuoco....forse i naga potrebbero aiutarci per derimere questo mistero.
<< C'era una volta un bambino che chiameremo Mattia.
Mattia viveva in una vecchia casa insieme alla mamma e al patrigno (il papà era morto quando lui era ancora nella pancia della mamma).
Il patrigno all'inizio della storia con sua madre si era dimostrato amorevole e pieno di attenzioni poi, con il passare del tempo, all'amore sostituì il vino fino a diventare, giorno per giorno, sempre più violento.
Mattia dal canto suo non aveva molti amici: anzi non ne aveva affatto!
Solo uno, però:
Il Ragno Gedeone
Il Ragno Gedeone non era reale, viveva in una pagina di un vecchio libro o, per meglio dire, era nel disegno raffigurante una cantina dove, in un angolo, una ragnatela penzolava dal soffitto e, al centro di essa, vi era appunto il Ragno Gedeone.
A Mattia in effetti i ragni non piacevano ma, non si sa il perché, Gedeone gli era simpatico.
Fu la fatica di vivere accanto a un uomo violento (picchiava sia lui che sua madre) che gli fece nascere un desiderio: e cioè che il Ragno Gedeone una volta per tutte si portasse via l'uomo.
E una notte in cui la Luna, che di solito se ne sta in cielo tra le stelle a farsi i fatti suoi, ascoltò il desiderio di Mattia: subito inviò un raggio della sua luce nella pagina aperta di quel libro.
Il raggio di luce colpì Gedeone che uscì dal disegno diventando sempre più grande (Mattia, ovviamente, dormendo non si accorse di nulla).
Il Ragno Gedeone uscendo dalla stanza del bambino, andò nel corridoio della casa, si infilò sotto lo stipite della camera da letto dove dormiva il patrigno (la madre aveva ottenuto, non senza fatica, di poter dormire in un'altra stanza).
L'uomo dormiva alla grossa, ma una sensazione come di solletico lo fece svegliare: era il Ragno Gedeone che stava intessendo un bozzolo intorno al suo corpo.
L'uomo dapprima pensò a un incubo, poi, rendendosi conto che era sveglio, provò ad urlare: ma dalla gola non gli usciva nessun suono.
Quindi il Ragno Gedeone passò di nuovo sotto lo stipite della porta portando con se l'uomo imbossolato: considerando che siamo in una favola anche l'uomo passò sotto la porta, assottigliandosi sempre di più (udiva solo lo scricchiolio delle sue ossa che si spezzavano...)
Il giorno dopo la madre di Mattia cercò l'uomo e non trovandolo da nessuna parte (pensando che ubriaco avesse avuto un incidente), denunciò la scomparsa alla polizia.
Furono fatte delle ricerche per giorni, ma nulla: l'uomo era misteriosamente scomparso.
Da allora la vita di Mattia e di sua madre andò per il meglio, anzi, per ognuno che entrava in quella casa la sensazione era che la felicità non potesse più abbandonare madre e figlio.
Passarono gli anni e Mattia, ormai uomo, viveva con una donna che amava, due deliziosi bambini (una bambina e un bambino, per l'esattezza) e tanti amici.
Un giorno Mattia riordinando le sue cose, ritrovò quel vecchio libro di favole, si ricordò del Ragno Gedeone, eppure in quel disegno c'era un particolare che non rammentava: dalla ragnatela, come una preda, pendeva un bozzolo a forma umana (come una mummia) dalla quale si potevano intravedere solo due occhi disperatamente impauriti.....>>
Si può leggere un classico come se fosse un libro d'avventura?
Quando mi proposero di leggere l'Anabasi di Senofonte (con tanto di testo greco a fronte, lingua a me conosciuta quanto lo swahili ), devo confessare di avere avuto qualche dubbio, poi, seguendo il suggerimento di affiancare alla lettura un atlante storico per seguire passo dopo passo (o quasi) l'epopea dei soldati greci che nel 401 a.C.....
Anabasi: un piccolo riassunto
Nel 401 a.C. diecimila soldati greci seguirono Ciro il Giovane in Persia la cui intenzione era quella di spodestare il fratello Artaserse II dal trono.
Fra i diecimila figurava anche Senofonte, aristocratico cavaliere e filospartano, nonché discepolo di Socrate.
L'impresa di Ciro fallisce con la battaglia di Cunassa (in cui lo stesso Ciro troverà la morte): l'esercito greco entra in una fase di sbandamento poiché non ha nessuno alla guida in quanto tutti gli strateghi sono morti.
Ben presto, però, grazie alla loro disciplina e coraggio si riorganizzano eleggendo nuovi capi fra cui, appunto, Senofonte.
I diecimila iniziano così una lunghissima marcia per ritornare in patria, attraversando tra pericoli e difficoltà (compreso l'avvelenamento da miele tossico dovuto dal nettare di alcuni fiori della famiglia delle Ericacee*) la risalita di parte del Tigri, il Kurdistan e le montagne dell'Armenia, fino ad arrivare alle sponde del Mar Morto e da lì fino in Tracia.
* << in questo paese ci sono molti alveari e quei soldati che hanno mangiato del miele perdono tutti la ragione, vomitano, nessuno ha la forza di tenersi in piedi. Quelli che ne hanno mangiato poco sembrano completamente ubriachi, quelli che ne hanno preso molto sembrano pazzi furiosi o anche moribondi. Così molti restano distesi al suolo come dopo una sconfitta e la costernazione è generale. L’indomani tuttavia nessuno muore e poco a poco tutti alla stessa ora recuperano la ragione. Il terzo giorno e il quarto possono reggersi sulle gambe, come riprendendosi da un avvelenamento >>
Il percorso dei diecimila greci nell'Anabasi (fonte Wikipedia)
Anabasi: la struttura del libro
Tralasciando a quale genere letterario possa appartenere l'Anabasi, per alcuni studiosi si tratta del primo scritto di memorie di genere militare, la sua struttura è composta da sette libri: il primo dei quali è l'Anabasi (la marcia verso l'interno) che darà il nome all'intera opera, i rimanenti sei libri sono dedicati alla Catabasi (marcia verso l'esterno) e Parabasi (marcia lungo la costa).
Il testo dell'Anabasi è giunto a noi attraverso una decina di codici che gli storici dividono in due famiglie: la famiglia c che comprende quattro manoscritti risalenti all'incirca al 1462, la seconda chiamata con la lettera f che comprende un numero maggiori di codici antecedenti alla prima famiglia.
Una curiosità per cinefili
E' stato il mio amico Andrea a farmi ricordare che l'Anabasi è servita come spunto per una pellicola del 1979 e cioè The Warriors (I guerrieri della notte) diretto dal regista Walter Hill.
In effetti il film si basò sul romanzo di Solomon Yurich del 1965, I guerrieri della notte.
Yurich, a sua volta, per la trama del romanzo si era ispirato all'opera di Senofonte.
Quando Michele Cortese, maestro elementare che per propria volontà chiede il trasferimento da Roma a uno sperduto paesino della Val di Sangro, cerca di convincere una coppia di genitori che la scelta del figlio di restare lì dove non c'è futuro, lo fa citando il testo dell'antropologo culturale Tito Levi e il significato della filosofia dietro alla parola restanza.
Ai genitori non resta che mettere in luce le contraddizioni insite in una pura idealizzazione di modello di vita, cioè non bastano quei pochi giorni o periodi di poco più lunghi di vacanza, per comprendere le difficoltà alle quali vanno incontro chi abita i Paesi invisibili
.
Naturalmente avete compreso che il riferimento è ad una scena del bel film Un mondo a parte di Riccardo Milani, magistralmente interpretato da Antonio Albanese e Virginia Raffaele (senza dimenticare gli altri interpreti meritevoli al pari dei protagonisti principali).
Per quanto riguarda il libro di Tito LeviLa restanza, non avendolo ancora letto, mi accontenterò come voi di questa anteprima per decidere su di un possibile acquisto dello stesso.
I paesi invisibili di Anna Rizzo
Diciamolo subito: la professione di antropologa culturale non è per tutti: i sacrifici che bisogna affrontare sul campo riguardano l'isolamento dei luoghi visitati (quei Paesi invisibili del titolo del libro), essere ospitati in case gelide senza riscaldamento (in inverno) e mangiare proverbialmente quello che passa il convento.
Anna Rizzo antropologa culturale
Bastano le prime righe del libro, l'incontro con un'anziana debilitata che vive in una casa oltre il limite di ogni povertà, dove l'odore di urina, feci e putrefazione (parole dell'autrice) travolgono la visitatrice, per far comprendere la passione che bisogna avere per intraprendere la carriera di antropologa culturale.
Tanto più che questo incontro, come tanti altri ancora descritti nel testo non avviene in qualche parte sperduta del Terzo Mondo, ma qui , nella nostra Italia, magari in luoghi semi abbandonati a qualche centinaia di chilometri in linea d'aria dalle metropoli o posti nei quali l'overtourism è un male a cui difficilmente, per interessi economici, si vuole rinunciare.
E' vero: esistono anche paesi rappresentati in maniera a uso e consumo del turista, paesi che fanno da sfondo ai selfie, negozi che vendono paccottiglia a forma di souvenir, luoghi dove la cucina viene spacciata come quella tipica.
Anna Rizzo invece parla di luoghi dove non sembra viverci nessuno eppure, ben 13 milioni di nostri connazionali, vivono.
Tredici milioni di italiani che giorno per giorno devono combattere per avere quello che nel resto del Paese è cosa normale: quindi i servizi, le scuole, un presidio sanitario, una biblioteca, luoghi per la socializzazione.
Con il tempo che avanza questi cittadini continuano a vivere la loro storia di resistenza affinché anche la loro realtà non venga mai dimenticata.
Forse questo è il significato della parola restanza.
Saliceto oltre l'esoterismo (un incontro fortuito)
Saliceto oltre l'esoterismo (5° tappa GTL) è il titolo che ho dato al post scritto su IL blog di Caterina per evidenziare un incontro fortuito al termine di un'escursione che, dal borgo della Val Bormida di Millesimo (ma siamo in provincia di Cuneo), mi ha condotto al Santuario dell'Assunta di Gottasecca.
La mia intenzione era quella di corredare l'articolo con delle immagini del castello di Saliceto posto sull' antica Via del Sale, tra Piemonte e Liguria, inizialmente appartenuto al vescovo di Savona, poi al comune di Asti e, infine, dal 1251 al 1532 alla famiglia Del Carretto ( in seguito Carlo V donò il castello ai Savoia).
La storia del castello non si ferma, ovviamente a queste poche righe, posso solo aggiungere che nel 1689 il castello fu assediato dall'esercito spagnolo e raso al suolo, dopodiché, una volta restaurato, ci pensò Napoleone a farne nel 1796 un suo quartiere generale: alla fine, quello che possiamo vedere oggi è il risultato di successive ricostruzioni che lasciano comunque in vista i caratteri tipici delle architetture fortificate.
A questo punto svelo quale sia stato l'incontro fortuito del sottotitolo:
Pretendere di trovare un castello aperto ai visitatori fuori dall'orario di visita, per di più in un qualsiasi giorno feriale, rientra pienamente in quella categoria definita come le pie illusioni: fatto sta che la sottoscritta, pur non vivendo di illusioni, sa che in qualche modo la testardaggine a volte viene premiata e quindi il caso ha voluto che, nel momento in cui volgevo le spalle al portone chiuso, questo si apre facendo uscire una simpatica persone che mi chiede: <<Vuole visitare il castello?>>.
Guido Araldo
Quello che diverrà la mia guida per più di un'ora è Guido Araldo, autore di più di quaranta libri (quarantotto per la precisione, sempre che nel frattempo non ne abbia scritto altri), attento studioso che ha incentrato le sue ricerche sulla presenza dei templari nel Nord Ovest dell'Italia e sulle Alpi con una particolare attenzione a quattro siti ed esattamente: l'Abbazia di Staffarda, il castello della Manta, la Sacra di san Michele ma, soprattutto Saliceto definito (da l'autore, s'intende) il più straordinario paese esoterico al mondo, con reperti quali affreschi, bassorilievi e quadri databili dal 1300 al 1800 che palesano informazioni iniziatiche uniche a chi sappia vedere e non solo guardare.
Il mistero di Saliceto è l'opera in cui si palesa tutta la passione dell'autore per la materia dei suoi studi, nello specifico fornisce appunto quelle informazioni che solitamente al visitatore sono precluse.
Si entra nel campo dell'esoterismo e qui Guido Araldo mette subito in chiaro che non vuole convincere nessuno a riguardo, ma che il suo punto di vista (condivisibile o meno) ha il pregio di un'attenta analisi dei fatti, gli stessi che raccontano un altro modo di intendere la storia.