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lunedì 24 giugno 2024

Tina Modotti: la vita di una donna tra fotografia e socialismo

 La bellezza di  Tina descritta  tra parole e immagine  


Tina Modotti (Udine, 17 agosto 1896 - Città del  Messico, 5 gennaio 1942)

<<Flessuosa, dalle curve soavi, l'andatura lenta e armoniosa, occhi  di un nero  ardente>>.

Dalla locandina  del  film del 1921 The tiger's coat

<<Tina è di  statura media, e di una bellezza straordinaria. Il suo  volto  dall'espressione tragica, mi ricorda la Duse.....>>.

Dichiarazione dello scrittore tedesco  Leo M. Matthias 

 

Tina Modotti - Edward Weston (1921)

C'è altro  modo per descrivere il fascino  di una donna oltre le parole?


Immagine ©caterinAndemme

A questo  aveva  aveva pensato il fotografo statunitense Edward Weston, fondatore insieme ad Ansel Adams del  Gruppo f/64 (valore del diaframma di un'ottica fotografica), dando  al nudo di  Tina Modotti la sensualità intrinseca di ogni  corpo  femminile che, però,   le causò il giudizio di  donna dai  facili  costumi in una campagna denigratoria capitanata dal  giornale messicano  Excelsior, alla quale solo il deciso  intervento del pittore Diego  Rivera che dichiarò di  avere avuto Tina Modotti in veste come modella per due suoi  murales, salvò  la stessa dall'accusa infamante di  essere una prostituta per darle il  giusto  ruolo  di modella professionale.

Una breve biografia 

Assunta Adelaide Luigia Modotti nasce a Udine il 17 agosto 1896 da un'umile famiglia nella  quale il padre, di professione muratore, era un fervente sostenitore del  socialismo. 

Per questioni  economiche la famiglia di  Tina Modotti emigrò in Austria a Klagenfurt quando lei  aveva solo  due anni: qui  nacquero altri  cinque figli  e cioè: Valentina, Jolanda Luisa, Mercedes, Pasquale ed Ernesto  (morto di  meningite a soli  tre anni).

Al  ritorno in Italia nel 1905, sempre a Udine, nasce l'ultimo  figlio Giuseppe Pietro.

In Italia Tina a soli  dodici  anni per aiutare economicamente la famiglia andò a lavorare come operaia in una fabbrica tessile sempre a Udine. 

Questo, però, non le impedì di  dare spazio alla sua passione dedicata alla fotografia frequentando, per imparare le fondamenta dell'arte, lo studio  fotografico  della zio paterno Pietro  Modotti.

Nel 1913 Tina Modotti  decide di  raggiungere  il padre e sua sorella Mercedes a San Francisco dove ritornò  a lavorare in un'altra fabbrica tessile ma, allo stesso tempo, incominciò a studiare recitazione.

Cinque anni dopo, quindi  nel 1918, sposò il pittore e poeta   Roubaix de l'Abrie Richey (soprannominato  Robo).

Il 1920 è l'anno  di  debutto  di  Tina Modotti nel mondo  del  cinema:

The Tiger's coat (Pelle di  tigre) fu il primo  dei  tre film interpretati  da Tina Modotti ed è l'unico  giunto  fino  a noi.

Per una certa virtù dettata dal  suo  fascino  esotico (Hollywood dava molto  risalto al suo aspetto  fisico  anziché  le  sue doti  di  recitazione) ebbe un buon successo  di  critica e pubblico.

Ma fu appunto il modo in cui il suo  viso  e corpo  furono lanciati  che indusse Tina Modotti a fare terminare anzitempo la sua carriera di  attrice.


Edward Weston da amante a marito (e Tina diventa una fotografa a livello  mondiale)

"Le mani  del  burattinaio" - Tina Modotti (1921)

Edward Weston conobbe Tina Modotti nel 1921 grazie dietro  alla presentazione da parte di  suo  marito  Robo: nel  giro  di un anno lei  divenne dapprima la sua modella preferita, poi assistente di  studio e, una volta affinata la sua tecnica, lei  stessa fotografa. 

Intanto, nello  stesso  anno, Robo decide di  trasferirsi in Messico, nazione che dopo la rivoluzione è in pieno  fermento culturale e sociale.

Tina, insieme a Weston, partono per Città del  Messico per raggiungere il marito malato, purtroppo  i  due arriveranno nella capitale messicana due giorni  dopo  che Robo era morto per un attacco  di  febbre forse causato  dal  vaiolo. 

In Messico  ebbe modo  di  conoscere personaggi illustri tra i  quali Ernest Hemingway, Robert Capa, Frida Khalo.

Il libro: Tina di Pino Cacucci 



La vita di  Tina Modotti subisce in Messico  quasi una metamorfosi che la vede da fotografa affermata a rivoluzionaria combattente nelle file di  Soccorso  rosso internazionale e poi nelle Brigate internazionali in Spagna durante la Guerra civile spagnola.

E' una storia complessa questa che si potrebbe definire come la seconda vita di  Tina Modotti, allora in aiuto alla conoscenza occorre leggere il libro  di  Pino Cacucci Tina per averne una giusta interpretazione.

Il libro è una biografia romanzata (è in quelle parti  romanzate che ho  trovato l'unica pecca del libro, in quanto i dialoghi inventati  dall'autore mi sembrano  fin  troppo  posticci....ma è solo una mia impressione).



A un certo punto nel libro la vita di  Tina Modotti viene messa da parte dall'autore, ma solo per descriverne il contesto  e gli  accadimenti  storici: così il lettore può comprendere cosa sia stata la dittatura di  Stalin, mandante della morte di  Lev Trockij, di  come durante la Guerra Civile in Spagna vi  sia stata un'altra guerra civile che riguardava i  comunisti  contro  gli  anarchici, della spregiudicatezza di alcuni personaggi  come l'ambiguo Vittorio  Vidali.

Vidali e Tina Modotti una relazione tossica 

Tina Modotti muore a Città del Messico il 5 gennaio 1942 in maniera che per alcuni rimane misteriosa.

Tra questi Diego  Rivera che affermò che Tina venne avvelenata dallo  stesso Vidali in quanto  era a conoscenza delle sue attività illecite per conto  dei  servizi  segreti  russi.

Naturalmente è questa solo un'illazione che non trova nessun riscontro in nessun documento, per cui possiamo  solo  accontentarci  dell'epitaffio scritto  da Pablo  Neruda e che si può leggera sulla tomba di  Tina Modotti:

<< Tina Modotti, sorella,  tu non dormi, no, non dormi: forse il tuo  cuore sente crescere la rosa di ieri,

l'ultima rosa rosa di ieri, la nuova rosa.

Riposa dolcemente sorella.

La nuova rosa è tua, la nuova terra è tua: ti  sei  messa una nuova veste di  semente profonda e il tuo  soave silenzio si colma di  radici.

Non dormirai invano  sorella...>> 




venerdì 22 marzo 2024

"La vasca del Führer" di Serena Dandini

Mi piacciono quelle fotografie in bianco  e nero che raccontano  una storia.

A esempio  quella che ritrae una donna mentre si  lava in una vasca da bagno: l'occhio  di  chi  osserva si  sofferma sul viso  della donna, bellissima, poi scorre su  di un paio  di  anfibi  militari sporchi  di  fango  ai  piedi  della vasca.

infine su quel  elemento  che da solo  ci dirà dove ci  troviamo e in che periodo  della storia: una cornice sul bordo  della vasca con dentro  una foto  che ritrae Adolf Hitler.

Siamo  nell'aprile del 1945 a Berlino, precisamente in Prinzregenteplatz, la residenza del  Führer.

Lee Miller Penrose durante la Seconda guerra mondiale

Lei, la protagonista del  libro  di  Serena Dandini La vasca del Führer, è Lee Miller Penrose (Poughkeespie, New York, 23 aprile 1907 - Chiddingky, Regno Unito, 21 luglio 1977).

Per onore di  cronaca bisogna citare l'autore della fotografia e cioè il collega di  Lee Miller: David E. Scherman.

Lee Miller, insieme a Margaret Bouke-White, furono le uniche due donne accreditate presso l'esercito degli  Stati Uniti, durante l'ultimo  conflitto mondiale,  come fotoreporter di  guerra.

Lee Miller pochi  giorni  prima di  quella iconica immagine, dove appare molto stanca, ha fotografato gli orrori dei  campi  di  sterminio di  Dachau  e Buchenwald, lo  ha fatto per un servizio  che verrà pubblicato su  di una rivista che si occupa di  tutt'altra cosa rispetto  alla guerra: Vogue.

la storia della vita di  Lee Miller inizia con un dramma: all'età di  sette anni subisce una violenza sessuale, forse da parte di un amico  di  famiglia (non si è mai  saputo  chi  fosse stato il violentatore).

Ma è, quando diciannovenne, la fortuna le viene incontro in un modo che solo in alcune trame di  film sembra possibile.

Lei  cammina distrattamente per le strade di  Manhattan quando  sta per essere investita da un'automobile: a salvarla ci pensa un passante, non uno  qualunque, è Condé Montrose  Nast, proprietario  e fondatore di  Vogue e Vanity  Fair.

Lui rimane affascinato  dalla figura e bellezza della giovane donna tanto  da proporle di  diventare fotomodella per Vogue.

La prima foto in cui  Lee Miller appare nelle vesti  di  fotomodella risale al 15 marzo 1927,  da quella data in poi la sua carriera vola in un continuo  crescendo.

A parte un piccolo  episodio  accaduto l'anno  dopo, quando una sua foto  a figura intera venne utilizzata per una pubblicità per assorbenti intimi: mai  nessuno, prima di  allora, aveva fatto simile accostamento  che andava contro centri principi di una mentalità bigotta (mentre nell'Italia odierna si  è pensato  di  aumentare l'IVA sugli  assorbenti....scusate la divagazione).

Lei, però, a fare solo  la modella proprio  non ci pensa e quindi  decide di passare dall'altra parte dell'obiettivo recandosi  a Parigi  per diventare allieva di  Man Ray.

Con il tempo  sarà sempre più brava nell'arte fotografica, fino  a diventare, per l'appunto, una fotoreporter di  guerra.

Serena Dandini nel  suo libro La vasca del  Führer è molto  brava a seguire la storia di  Lee Miller nei  luoghi  dove ha vissuto, nei  suoi incontri con personaggi famosi  e nella descrizione di una donna formidabile, un genio libero, che ha saputo  anticipare quelle spinte necessarie affinché alle donne vengano riconosciuti i propri  diritti  nella società.

La vasca del  Führer si  legge come un romanzo, tanto più attraente per il fatto  che raconta una storia vera.