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venerdì 14 febbraio 2025

Androidi, AI e noi umani

 


Chi  di  voi non conosce le leggi  delle robotica scaturite dalla mente letteraria di  Isaac Asimov e pubblicate nel 1942 nel  racconto Runaround (Circolo  vizioso) sulla rivista Astounding Science - Fiction?

In sintesi sono queste:

1. Un robot non può recare danno a un essere umano né può permettere che, a causa del suo mancato intervento, un essere umano riceva danno.

2. Un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani, purché tali ordini non vadano in contrasto alla prima legge.

3. Un robot deve proteggere la propria esistenza, purché la salvaguardia di essa non contrasti con la Prima o con la Seconda legge.

Asimov ha introdotto questi principi di sicurezza, servizio e autoconservazione per garantire che i robot non fossero pericolosi per l'uomo se progettati e utilizzati correttamente. 

Le leggi divennero popolari e influenzarono altri scrittori, contribuendo a ridurre le storie di robot distruttivi.

Legge zero 

Successivamente, Asimov postulò una quarta legge, la Legge Zero, che è superiore alle altre tre:   

Un robot non può danneggiare l’umanità, né può permettere che, a causa del suo mancato intervento, l’umanità riceva danno.

A seguito dell’introduzione della Legge Zero, le tre leggi sono state modificate:

1.  Un robot non può recare danno a un essere umano né può permettere che, a causa del proprio mancato intervento, un essere umano riceva danno, purché questo non contrasti con la legge zero.

2.  Un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani, purché tali ordini non contravvengano alla legge zero e alla prima legge.

3.  Un robot deve proteggere la propria esistenza, purché questa autodifesa non contrasti con la legge zero, la prima legge e la seconda legge.

L'introduzione della Legge Zero ha sollevato dibattiti, poiché ammette la possibilità che un robot possa danneggiare un essere umano se la salvaguardia dell'umanità è l'obiettivo superiore.

fonte tratta da Perplexity AI



Chissà se Gli Umanoidi di Jack Williamson (pseudonimo di  John Stewart Williamson) hanno  avuto modo  di leggere le Leggi  della robotica di  Asimov, considerando che questo  romanzo è stato scritto  nel 1948 (dunque sei  anni  dopo il postulato  asimoviano) e pubblicato  a puntate sulla rivista Astounding nel 1949, mentre per l'Italia è apparso per la prima volta nel 1955 nella collana Urania di  Mondadori (copia che io conservo  gelosamente nella mia raccolta di libri  di  fantascienza)

La trama: 

Fra più di  diecimila anni, in un lontano  pianeta (Wing IV) sta per scoppiare una spaventosa guerra scatenata dalle Potenze Triplanetarie.

Lo scienziato  Clay Forester, scopritore della rhodomagnetica, sta febbrilmente mettendo  a punto l'arma segreta per fare deflagrare un pianeta (non vi  ricorda la Morte Nera di  Guerre Stellari?), quando incominciano a succedere cose strane:

Entra in scena Jane, una misteriosa bambina che compare e scompare in maniera inesplicabile, la cui  venuta da l'inizio alla vicenda centrale del romanzo e cioè la lotta contro Gli Umanoidi, i quali, essendo  stati progettati per servire, obbedire e proteggere gli umani  dal male, vanno  ben oltre a questa direttiva impedendo  agli umani qualsiasi  attività che non sia concettuale (quindi  il solo pensare) rendendoli in qualche modo  schiavi di un'interpretazione oltre ogni limite a scapito  della libertà individuale.  

Nel 1980 Jack Williamson scrisse The Humanoid Touch (Il ritorno  degli umanoidi pubblicato in Italia nel 1982 sempre nella collana Urania della Mondadori: inutile dire che anche questo  romanzo  fa parte della mia collezione di  romanzi  di  fantascienza).

In questo nuovo  capitolo gli umanoidi  confrontano la loro  esistenza con il concetto  di umani e, di  conseguenza, il loro libero  arbitrio che sfocia nel  rapporto  tra tecnologia e società (tema che sempre di più oggi  sta diventando pressante).

La stessa problematica è cioè il grado  di libertà di un androide lo  abbiamo  visto  nel  capolavoro  di  Ridley Scott Blade Runner, a sua volta tratto liberamente dal libro  Do Androids Dream of Eletric Sheep? di Philip K. Dick.

Qui  di  seguito una scena iconica del  film in ricordo   di  Rutgher Hauer.


Intanto gli umanoidi  sono già tra noi


Naturalmente gli umanoidi  di  cui  si parla sono molto  diversi  da quelli  dei  racconti  di fantascienza (Terminator per il momento  è fuori  discussione), ma sono quelli  nati  da progetti dove l'AI robotica verrà (o viene già) utilizzata per svolgere lavori di logistica, lavori  ritenuti  pericolosi o ripetitivi, ma sempre come aiuto e supporto al lavoratore umano  (tralasciando  le ipotetiche complicazioni riguardo alla sostituzione totale di un operatore umano  con un robot e, quindi, la reale possibilità di  vedere più gente in giro alla ricerca di un lavoro).


Tra i tanti progetti non poteva mancare quello  di  Elon Musk   che con il suo Tesla's Optimus  mira a sviluppare un robot umanoide multiuso e, nel  contesto  della parola multiuso, anche quello  di  guardia di  sicurezza (Elon Musk forse pensa ad una sua versione di  Robocop?)
 
 
 
Anche Open AI scende in campo per la robotica umanoide ( a dire la verità lo  aveva già fatto in precedenza ma, nel 2021, aveva chiuso la sua divisione di  robotica) creando un umanoide con funzioni  analoghe a quelle viste in Optimus: in poche parole in futuro  vi  sarà ampio  spazio  per la competizione di  quote di  mercato  tra le major che si  occupano di  AI e suoi  derivati.

Ahi....Ahi  quanto mi fa male l'AI


Si incomincia a parlare di  troppa dipendenza dalla AI a scapito del pensiero  critico,  cioè si  da troppo  spazio  all'affidamento eccessivo fornito  da algoritmi  senza una analisi della veridicità delle fonti: in poche parole l'utente diventa un semplice usufruitore di  contenuti in maniera passiva: l'invito  è quello di  sviluppare, per l'appunto, l'atteggiamento  critico verso i risultati  forniti dall'AI verificando  le fonti e utilizzare l'Intelligenza Artificiale come strumento lasciando intatto il libero  arbitrio  nel  decidere se ciò che ci  viene offerto sia coerente con quanto la logica suggerisce.

Ops! Ho  la batteria scarica e devo urgentemente andare a caricarmi.....





giovedì 23 gennaio 2025

Antartide: un viaggio fantastico da Lovecraft fino a un lago misterioso

 


 Si inizia il viaggio in compagnia di  H.P. Lovecraft



<< Mi vedo  costretto  a parlare poiché alcuni  uomini di  scienza rifiutano di  prendere in considerazione i miei  suggerimenti senza darsene ragione.

E' del  tutto  contro  la mia volontà  che mi  accingo  a spiegare i motivi  per oppormi alla contemplata invasione dell'artico, all'estesa ricerca di  fossili, alla trivellazione su  larga scala e allo  scioglimento di  vaste zone della calotta ghiacciata.

Sono anche riluttante a farlo perché i miei  ammonimenti potrebbero  riuscire vani..>>. 

Se a questo incipit non segue un vostro crescente interesse per proseguire la lettura del  romanzo lovecraftiano  Le montagne della follia, posso  comprendervi in quanto l'horror d'antan di  Howard Philips Lovecraft potrebbe risultare indigesto per il climax narrativo ridondante, ma comunque coinvolgente, che alcuni  critici definiscono come opera rilevante del realismo  fantastico - che cosa sia in effetti il realismo  fantastico proprio non lo so, anzi,  se ne sapete più di me, vi invito a condividere le informazioni  con me attraverso un messaggio - dove gli  elementi  scientifici (molto  sviluppati nella scrittura di Lovecraft) si amalgamano con quelli fantastici dei miti di Cthulhu

Non per nulla in  Le montagne della follia viene citato più di una volta il Necronomicon (capofila dei  pseudobiblia altra invenzione della fervida fantasia  di  Lovecraft), senza tralasciare il tributo  che l'autore fa a un altro scrittore celebre per la letteratura dell'orrore e cioè Edgard Allan Poe.

Infatti,  di  quest'ultimo viene più volte citato il romanzo Gordon Pym proprio  all'inizio de Le montagne della follia.   

 Il romanzo, scritto  nel 1931, venne pubblicato nel 1937  (un anno prima della morte di  Lovecraft) a puntate sulla rivista Astounding Stories, dopo che la pubblicazione del romanzo fu rifiutata da Weird Tales perché giudicato  troppo  lungo ma, da come si può evidenziare dall'anteprima seguente, altri  racconti  di HPL vennero  pubblicati prima e dopo nella stessa rivista.

 Le montagne della follia è ambientato in Antartide dove una spedizione scientifica per puro  caso  si ritrova a scoprire le vestigia di un'ancestrale civiltà (gli  Esseri  Antichi) i  cui  discendenti non sono per nulla amichevoli nei  confronti del  genere umano: comprendo che tale riassunto è abbastanza restrittivo tanto  da suggerirvi di dare un'occhiata a questa anteprima  del libro edita su  Amazon  con la traduzione di Gianni Pilo, profondo  conoscitore delle opere di  HPL tanto  da avere scritto l'edizione dell'opera omnia di  Lovecraft  prima a cura della casa editrice Fanucci  e, in seguito, in quella della Newton & Compton (12 e 5 volumi  rispettivamente).

Ritornando  a quanto  scritto in precedenza, cioè agli elementi  scientifici inseriti nel  romanzo, è bene ricordare che Lovecraft sin da giovane si  era interessato alla chimica e all'astronomia fino a diventare, in età adulta, direttore di  rivista scientifiche come The Scientific Gazette e The Rhode Island Journal of Astronomy.

Nel 1945 il critico  letterario Edmund Wilson scrisse sulle pagine del  New Yorker un articolo  sulle opere di  Lovecraft dicendo testualmente: "Lovecraft non era un bravo  scrittore": io, che non sono una critica letteraria, ma da semplice fan di  HPL, dico  il contrario e cioè Lovecraft era un bravo  scrittore (contestualizzando i suoi  racconti nel periodo  in cui essi furono ) e che Le montagne della follia è (per mio giudizio) il migliore tra essi.

Il viaggio  si  conclude sul lago  Vostok

Quante volte la fantascienza ha utilizzato  come location (odio  questa parola ma la utilizzo piegandomi al lessico  corrente) i ghiacci dell'Artico  e dell'Antartico: da X- Files (serie irraggiungibile sotto  certi  aspetti) fino andando  indietro  nel  tempo a questo  film del The Thing del 1951 diretto  da Christian Nyby (e del  quale nel 1982 il regista John Carpenter ne ha tratto il film omonimo, con un sequel  del 2011, in puro  stile splatter).  


Anche il lago  Vostok come vedremo è fonte di  mistero....

Immagine tratta da Wikipedia

Come si può vedere dall'immagine soprastante, il lago  Vostok è un oceano in miniatura invisibile perché nascosto  da una coltre di  ghiaccio spessa all'incirca tre chilometri. 

Il lago  Vostok è un lago  subglaciale situato  al polo  sud la cui  scoperta risale agli  anni '70. Furono  scienziati  russi, qualche anno dopo, a riuscire a trivellare lo spessore del  ghiaccio  che lo  ricopriva per raggiungere la sua superficie ed analizzarla.

I primi  risultati  parlavano della presenza di elemento liquido appunto come l'acqua, risalente a venti milioni  di  anni  fa.

Conseguenza di  tale scoperta (mista a una irrazionale paura dettata dai  media) fu  quella di ipotizzare l'esistenza di  vita per la presenza di  antichi  batteri, presenti  unicamente in questo  sito,  dei quali non si  conosce la biologia, quindi  ritenuti  potenzialmente pericolosi.

Al  contrario, potrebbero  essere i  batteri  presenti  all'esterno che, entrando in contatto  con questo  fragile ecosistema, potrebbero inquinarlo  e distruggerlo.

Un' altra particolarità del  lago è quella dell'acqua superficiale decisamente più fredda mentre in profondità, la temperatura risulta di  essere 30 gradi sopra lo  zero: gli  scienziati propongono nei loro  studi  che ciò sia dovuto  a un assottigliarsi della crosta terrestre in quel  punto e quindi che sia il magma sotterraneo a riscaldare le acque di profondità.

Ma c'è una questione in cui  la scienza cede facilmente il passo  alla fantascienza: la presenza di una fortissima anomalia magnetica che, estendendosi per un centinaio  di  chilometri, sembrerebbe essere generata da un misterioso  elemento metallico di  forma circolare molto  regolare (ciò farebbe escludere i  resti  di un meteorite).

La presenza di  questo misterioso  oggetto è coperto  da Top Secret sia da parte russa che americana.

Chissà: da questa ipotetica astronave aliena potrebbe uscire un essere che ci  saluterebbe gridando Tekeli-li! Tekeli -li come gli  Esseri  Antichi  de Le montagne della follia

 



martedì 31 dicembre 2024

Sfere di fuoco: dalla fantascienza di Urania, passando per i miti fino alle ipotesi scientifiche

 Nel 1492, mentre Cristoforo Colombo a sua insaputa scopriva l'America, a Barga (in provincia di  Lucca) la cronaca locale riporta la storia di una sfera di  fuoco che solcò il cielo con grande rombo (probabilmente si  trattava del passaggio di un meteorite dal peso  di 120 chilogrammi  che si  schiantò nel  novembre dello stesso  anno in Alsazia, nei pressi  di  Ensisheim)


Qualche secolo dopo, precisamente nel  1954, Urania, la collana della Mondadori  dedicata ai  racconti di  fantascienza, pubblicò il romanzo Sfere di  Fuoco di  Erik van Lhin (uno  dei  tanti  pseudonimi del prolifico autore statunitense Lester del Rey)

Nel  romanzo , ambientato  sul pianeta Mercurio, una colonia di  terrestri deve fare i  conti  non solo con le tempeste magnetiche solari ma anche con un'entità fornite di intelligenza propria (appunto le Sfere di  Fuoco). 

Dal  racconto di  fantascienza passiamo  a quella del  mito  o  leggenda:

Si  narra che ogni  anno ad ottobre sul fiume Mekong misteriose sfere di  fuoco, chiamate dalla popolazione locale bung fay paya nak, si  elevano  dalla sua superficie verso il cielo  notturno, per poi scomparire alla vista.

 Per la popolazione queste sfere non sono  altro  che emanazioni di un leggendario popolo  di uomini -serpenti: i naga.

 La scienza,  comunque, ci  dice che nella categoria sfere di  fuoco possiamo includere i fulmini  globulari, i  fuochi  fatui e altri  fenomeni  simili delle quali  la scienza fornisce le seguenti  ragioni: 

Alcune sfere di  fuoco sembrano  essere il  prodotto di  organismi  viventi: il decadimento della materia organica nelle paludi e in altre zone umide porta al  rilascio  di  gas contenti metano e fosforo  (fosfina) che possono incendiarsi  dopo avere interagito con l'ossigeno  dell'atmosfera producendo, quindi, una luce tremolante sospesa a mezz'aria.

Alcuni  fenomeni, d'altra parte. sono  di  origine elettrica come, a esempio, una scintilla all'interno  del  terreno durante un terremoto: in questo  caso  le rocce sollecitate rilasciano un flusso  di  elettroni in superficie dove, sempre interagendo  con l'aria, producono  lampi  di  luce. 

Il discorso  cambia quando  si  parla di  fulmini globulari che si producono in atmosfera indipendentemente da esserci  o meno un temporale in corso: 

La  loro forma è pressoché sferica e di  diametro variabile, mentre il loro  movimento è rapido  e casuale, oppure, al  contrario, rimangono stazionarie nel  cielo ( potrebbe essere una spiegazione ai  recenti  avvistamenti  di  droni misteriosi  nei  cieli degli  Stati Uniti? Questa è solo una mia modesta ipotesi).

Una certa cronaca, diciamo  al limite dell'impossibile, parla di  alcuni  casi in cui  il fulmine globulare, entrando in una casa (da una finestra  aperta?),  ha ucciso chi  si  è trovato in quella stanza.

 Oppure si parla anche di  fulmini  globulari passeggiare lungo  la corsia di un aereo  (è quello  che riferì l'astronomo Roger Jennison durante un volo  notturno  nel 1963).

Le risposte al  quesito riguardante la natura dei fulmini globulari sono  varie (in alcuni  casi  bizzarre) e vanno dai  micro buchi  neri, fenomeni  dovuti  a particelle calde di  silicio, una reazione nucleare in miniatura  (a proposito  di  bizzarrie, fino a crisi  allucinatorie dovute all'epilessia (mai  riscontrate in medicina!). 

Lo scienziato  cinese H.C. Wu dell'Università di Zhejiang,  prendendo  spunto che le sfere potrebbero  essere formate da radiazioni  a microonde, ipotizza che:

Le microonde nascono da un gruppo  di  elettroni accelerati a una velocità prossima alla quella della luce.

Ciò avviene quando il terreno è colpito  da un fulmine, in particolare gli  elettroni sono  accelerati  dal  forte campo  magnetico, creato  come quando un canale di  elettroni si muove gradualmente dalla base di una nuvola verso il suolo, appena prima del flash luminoso e cioè del  fulmine.

In quella parte del  fulmine che raggiunge il suolo, prosegue Wu, si può produrre un gruppo  di  elettroni relativistici, che, a loro  volta, emettono intense radiazione a microonde: indipendentemente dalla fonte, le microonde atmosferiche producono plasma caricando l'aria circostante. 

La radiazione esercita una pressione sufficiente a spingere il plasma verso l'esterno in una bolla che noi, per l'appunto, vediamo  come un fulmine di  forma sferica. 

 Le microonde intrappolate al  suo interno continuano  a generare plasma e quindi  a mantenere in vita la bolla per una breve durata.

Il fulmine, alla fine, sbiadisce appena la radiazione, trattenuta all'interno  della bolla, viene dissipata. 

In caso  contrario la bolla si  rompe causando un'esplosione. 

La presenza di microonde e plasma come componenti  dei  fulmini  globulari ne spiegherebbe alcune delle proprietà come quella di attraversare i vetri  delle finestre,  creare un rumore udibile all'orecchio umano e generare ozono. 

Questo, sempre secondo  le teorie dello  scienziato  cinese, spiegherebbe come un fulmine globulare può entrare anche nella cabina di pilotaggio di un aereo: gli  elettroni ne attraverserebbero il guscio  metallico dopo  essere stati  accelerati dall'energia prodotta dal  fulmine.

in ogni  caso  la scienza continua a indagare per fornire una risposta precisa ed esauriente per quanto  riguarda la formazione delle sfere di  fuoco....forse i naga potrebbero  aiutarci  per derimere questo mistero.