Non ho mai letto una descrizione più accurata del gatto, per meglio dire della sua "natura gattesca", come questa che Claudio Magris fa nel suo libro Microcosmi:
<< Il gatto non fa nulla, semplicemente è, come un re.
Sta seduto, accovacciato, sdraiato.
È persuaso, non attende niente e non dipende da nessuno, si basta.
Il suo tempo è perfetto, si allarga e si stringe come la sua pupilla, concentrico e centripeto, senza precipitare in alcun affannoso stillicidio.
La sua posizione orizzontale ha una sua dignità metafisica generalmente disimparata. Ci si sdraia per riposare, dormire, fare l'amore, sempre per fare qualcosa e rialzarsi subito dopo averla fatta;
Il gatto sta per stare, come ci si stende davanti al mare solo per essere lì, distesi e abbandonati.
È un dio dell'ora, indifferente, irraggiungibile>>.
Naturalmente in "Microcosmi" non è il gatto a essere il protagonista (anche se ho il sospetto che l'autore abbia una certa predilezione per il felino), ma lo sono i luoghi, partendo dal Caffè San Marco di Trieste fino a ritornare in questa città dopo aver narrato altri luoghi con altri personaggi le cui vicende a volte sono lievi, altre tragiche.
"Microcosmi", Premio Strega 1997, ha una lettura che considero forse "più leggera" del precedente Danubio ( Premio Bagutta 1986) che considero il migliore di Claudio Magris, ma questa "leggerezza" non è da interpretare come scrittura mediocre, anzi siamo sempre al cospetto di un'indubbia capacità nel maneggiare le parole che solo scrittori della qualità di Claudio Magris sono capaci..
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