mercoledì 31 luglio 2024

Ahi, ahi....Mr. Bryson: I didn't have fun this time

 


Bill Bryson è sempre.....Bill Bryson

Sennonché in questo sua opera (?) Piccola grande isola, il seguito  di Notizie da un'isoletta ( libri entrambi dedicati all'Inghilterra), più che il Bill Bryson che tanto  mi ha divertito  nei  suoi precedenti libri  (che ovviamente ho  letto), ho trovato il personaggio  di un vecchietto piuttosto  rancoroso  che spara a zero su  tutto  e tutti. 

Qualche esempio?

A pagina 145 a proposito  di internet  e degli informatici scrive testualmente:

<<D'altra parte internet è così: non è che un ammasso  di informazioni digitali, senza cervello e senza sentimenti: in effetti, proprio  come gli informatici>>.

A pagina 156 è in disaccordo con l'autore di un articolo pubblicato  sulla rivista Economist riguardanti le cinture verdi intorno  alle città,  giudicandolo "idiota, pomposo, saccente".

Va bene, forse sto  esagerando  e questo suo libro non mi è particolarmente piaciuto, ma cosa dire quando lui  ride (o  vuol  fare ridere) delle sue flatulenze.

Infatti, parlando della sua  visita a Blenheim (monumentale residenza di  campagna a Woodstock  nell'Oxfordshire) descrive la sua prodezza: 

<< ....a peggiorare le cose, nel nostro  gruppo c'era qualcuno  che stava mollando  scorregge tanto  silenziose quanto letali. Fortuna volle che fossi io, quindi  non ero neanche lontanamente infastidito  come gli  altri>>.

Immagine che una simile confessione abbia suscitato in più di un lettore (ma anche in qualche lettrice) delle grasse risate, da parte mia spero  di non incontrare mai  Bill Bryson al  chiuso in un museo.....

Togliendo  il cinquanta o sessanta  per cento  delle pagine del libro scritte con questo tenore, il restante può bastare per una  una lettura sotto l'ombrellone.




lunedì 15 luglio 2024

Quattromilaottocentocinque metri sotto il cielo

Immagine ©caterinAndemme

Un quasi  prologo 

 Qualche anno  fa mi  cimentai nel  Tour du  Mont Blanc, impresa interrotta dopo  qualche tappa per il poco  tempo  a disposizione e per il maltempo allora incombente.

Enrico  Brizzi, decisamente più fortunato, insieme ai  suoi  amici ha completato  il Tour descrivendolo  nel  suo libro  L'estate del Gigante.

Ovviamente il titolo  di  quest'articolo, riferito  ai 4.805 metri di altezza (comunque sempre sotto il cielo) , si  riferisce alla cima del  Monte Bianco. 

 Quando  si parla di Monte Bianco e dei  suoi  primi scalatori, sono  sempre gli uomini  ad essere menzionati: Jacques Balmat e Michel Gabriel Paccard (quest'ultimo poi  discriminato da certa stampa  di  allora fu  presto  dimenticato) furono i primi  ad arrivare in cima l'8 agosto 1786.

Ma le donne?

Isabella Straton 

Ebbene la prima ascensione invernale assoluta fu proprio  una donna ad effettuarla il 31 gennaio 1876: Isabella Straton ( a dire il vero l'impresa venne compiuta insieme a suo  marito Jean Charlet).

Marie Paradis

Andando, però, indietro  negli  anni e cioè risalendo al 14 luglio 1808 troviamo Marie Paradis (insieme al  figlio  e a Jacques Balmat) in cima al  Monte Bianco: in verità la storia ci  racconta di un'ascesa tormentata da parte di  Marie che, comunque, in seguito  si aggiudicò il soprannome di  Marie du  Mont Blanc, oltre al  ricordo postumo con dedica di  una scuola a Saint-Gervais-les-Bains, la passeggiata che costeggia il fiume a Chamonix, una strada a Valence e una a La Roche-sur-Yon, un vicolo ad Annecy, una palestra a Parigi  e una a Blainville-sur-Orne.  

Per concludere questa rapida carrellata sui  personaggi (quasi) dimenticati dalla storia delle ascensioni  sul  Monte Bianco e per dare anche un motivo  di orgoglio  ai  nostri  amici  a quattro zampe (ammesso che a loro  interessi) il primo cane che mise la propria zampa in cima al  Gigante fu quello  che accompagnò l'alpinista Michel  Belmot il 23 agosto 1837 (non è dato  a sapere quanti  croccantini si  guadagnò il fedele amico  dell'uomo).

L'estate del Gigante di  Enrico  Brizzi

 


Come nei  precedenti  libri  di  Enrico  Brizzi, anche qui l'autore nel  suo  Tour du  Mont Blanc è accompagnato  dagli  amici già visti in altre occasione letterarie.

Sono un gruppo  di persone che tra loro si  chiamano Buoni cugini e si  definiscono  Psicoatleti: a dire il vero ad oggi non ho ancora compreso  se essi  siano  personaggi  fittizi (come la svalvolata e molto  bistrattata Zara di  questo  libro), oppure reali, ai quali sono stati appiccicate note caratteriali a uso per il racconto.

Sennonché, incuriosita dagli psicoatleti, ho  fatto una ricerca in rete (googlare direbbe qualcuno,  ma sinceramente tale termine lo  trovo  alquanto  ridicolo) trovando  che esiste davvero l'Associazione Psicoatleti e che tale nome compare per la prima volta nel 2004 sul blog di  Enrico  Brizzi archiviomagnetico (una storia più completa si trova sul libro  di Brizzi del 2011 appunto intitolato Psicoatleti).

Sempre sul  sito degli Psicoatleti si riferisce  che già nel 1861 in Italia, precisamente a Torino, venne fondata la Società Nazionale di  Psicoatletica per incentivare il cammino  a piedi  in quella nazione appena nata, appunto l'Italia.

Oggi l'Associazione Psicoatleti  si  occupa di  organizzare trekking ed ha una propria fanzine con il programma annuale e le modalità di iscrizione (la fanzine è scaricabile in versione pdf da questo link).


L'estate del  Gigante non è solo  il racconto  di un viaggio in quelle che sono definite Terre Alte, ma è anche un viaggio storico che parla  di uomini e donne  che sfidano ogni dubbio umano per arrivare in cima al  Gigante delle Alpi.

Per concludere voglio   riportare una frase dell'autore  da tenere sempre presente nei  momenti di  scoramento pe riprendere, poi, subito il nostro  Cammino:

<< Nessuno  di noi  può sapere quanto  gli resta da vivere, ma di una cosa sono  certo: non una sola stagione deve andare sprecata, e l'unico modo  per non lasciare germogliare il seme nero  del  rimpianto è vivere a questa maniera, con lo  zaino sempre pronto, la fantasia libera di  correre sulle mappe, il volto  abbronzato e il cuore disposto  all'amore >>



lunedì 24 giugno 2024

Tina Modotti: la vita di una donna tra fotografia e socialismo

 La bellezza di  Tina descritta  tra parole e immagine  


Tina Modotti (Udine, 17 agosto 1896 - Città del  Messico, 5 gennaio 1942)

<<Flessuosa, dalle curve soavi, l'andatura lenta e armoniosa, occhi  di un nero  ardente>>.

Dalla locandina  del  film del 1921 The tiger's coat

<<Tina è di  statura media, e di una bellezza straordinaria. Il suo  volto  dall'espressione tragica, mi ricorda la Duse.....>>.

Dichiarazione dello scrittore tedesco  Leo M. Matthias 

 

Tina Modotti - Edward Weston (1921)

C'è altro  modo per descrivere il fascino  di una donna oltre le parole?


Immagine ©caterinAndemme

A questo  aveva  aveva pensato il fotografo statunitense Edward Weston, fondatore insieme ad Ansel Adams del  Gruppo f/64 (valore del diaframma di un'ottica fotografica), dando  al nudo di  Tina Modotti la sensualità intrinseca di ogni  corpo  femminile che, però,   le causò il giudizio di  donna dai  facili  costumi in una campagna denigratoria capitanata dal  giornale messicano  Excelsior, alla quale solo il deciso  intervento del pittore Diego  Rivera che dichiarò di  avere avuto Tina Modotti in veste come modella per due suoi  murales, salvò  la stessa dall'accusa infamante di  essere una prostituta per darle il  giusto  ruolo  di modella professionale.

Una breve biografia 

Assunta Adelaide Luigia Modotti nasce a Udine il 17 agosto 1896 da un'umile famiglia nella  quale il padre, di professione muratore, era un fervente sostenitore del  socialismo. 

Per questioni  economiche la famiglia di  Tina Modotti emigrò in Austria a Klagenfurt quando lei  aveva solo  due anni: qui  nacquero altri  cinque figli  e cioè: Valentina, Jolanda Luisa, Mercedes, Pasquale ed Ernesto  (morto di  meningite a soli  tre anni).

Al  ritorno in Italia nel 1905, sempre a Udine, nasce l'ultimo  figlio Giuseppe Pietro.

In Italia Tina a soli  dodici  anni per aiutare economicamente la famiglia andò a lavorare come operaia in una fabbrica tessile sempre a Udine. 

Questo, però, non le impedì di  dare spazio alla sua passione dedicata alla fotografia frequentando, per imparare le fondamenta dell'arte, lo studio  fotografico  della zio paterno Pietro  Modotti.

Nel 1913 Tina Modotti  decide di  raggiungere  il padre e sua sorella Mercedes a San Francisco dove ritornò  a lavorare in un'altra fabbrica tessile ma, allo stesso tempo, incominciò a studiare recitazione.

Cinque anni dopo, quindi  nel 1918, sposò il pittore e poeta   Roubaix de l'Abrie Richey (soprannominato  Robo).

Il 1920 è l'anno  di  debutto  di  Tina Modotti nel mondo  del  cinema:

The Tiger's coat (Pelle di  tigre) fu il primo  dei  tre film interpretati  da Tina Modotti ed è l'unico  giunto  fino  a noi.

Per una certa virtù dettata dal  suo  fascino  esotico (Hollywood dava molto  risalto al suo aspetto  fisico  anziché  le  sue doti  di  recitazione) ebbe un buon successo  di  critica e pubblico.

Ma fu appunto il modo in cui il suo  viso  e corpo  furono lanciati  che indusse Tina Modotti a fare terminare anzitempo la sua carriera di  attrice.


Edward Weston da amante a marito (e Tina diventa una fotografa a livello  mondiale)

"Le mani  del  burattinaio" - Tina Modotti (1921)

Edward Weston conobbe Tina Modotti nel 1921 grazie dietro  alla presentazione da parte di  suo  marito  Robo: nel  giro  di un anno lei  divenne dapprima la sua modella preferita, poi assistente di  studio e, una volta affinata la sua tecnica, lei  stessa fotografa. 

Intanto, nello  stesso  anno, Robo decide di  trasferirsi in Messico, nazione che dopo la rivoluzione è in pieno  fermento culturale e sociale.

Tina, insieme a Weston, partono per Città del  Messico per raggiungere il marito malato, purtroppo  i  due arriveranno nella capitale messicana due giorni  dopo  che Robo era morto per un attacco  di  febbre forse causato  dal  vaiolo. 

In Messico  ebbe modo  di  conoscere personaggi illustri tra i  quali Ernest Hemingway, Robert Capa, Frida Khalo.

Il libro: Tina di Pino Cacucci 



La vita di  Tina Modotti subisce in Messico  quasi una metamorfosi che la vede da fotografa affermata a rivoluzionaria combattente nelle file di  Soccorso  rosso internazionale e poi nelle Brigate internazionali in Spagna durante la Guerra civile spagnola.

E' una storia complessa questa che si potrebbe definire come la seconda vita di  Tina Modotti, allora in aiuto alla conoscenza occorre leggere il libro  di  Pino Cacucci Tina per averne una giusta interpretazione.

Il libro è una biografia romanzata (è in quelle parti  romanzate che ho  trovato l'unica pecca del libro, in quanto i dialoghi inventati  dall'autore mi sembrano  fin  troppo  posticci....ma è solo una mia impressione).



A un certo punto nel libro la vita di  Tina Modotti viene messa da parte dall'autore, ma solo per descriverne il contesto  e gli  accadimenti  storici: così il lettore può comprendere cosa sia stata la dittatura di  Stalin, mandante della morte di  Lev Trockij, di  come durante la Guerra Civile in Spagna vi  sia stata un'altra guerra civile che riguardava i  comunisti  contro  gli  anarchici, della spregiudicatezza di alcuni personaggi  come l'ambiguo Vittorio  Vidali.

Vidali e Tina Modotti una relazione tossica 

Tina Modotti muore a Città del Messico il 5 gennaio 1942 in maniera che per alcuni rimane misteriosa.

Tra questi Diego  Rivera che affermò che Tina venne avvelenata dallo  stesso Vidali in quanto  era a conoscenza delle sue attività illecite per conto  dei  servizi  segreti  russi.

Naturalmente è questa solo un'illazione che non trova nessun riscontro in nessun documento, per cui possiamo  solo  accontentarci  dell'epitaffio scritto  da Pablo  Neruda e che si può leggera sulla tomba di  Tina Modotti:

<< Tina Modotti, sorella,  tu non dormi, no, non dormi: forse il tuo  cuore sente crescere la rosa di ieri,

l'ultima rosa rosa di ieri, la nuova rosa.

Riposa dolcemente sorella.

La nuova rosa è tua, la nuova terra è tua: ti  sei  messa una nuova veste di  semente profonda e il tuo  soave silenzio si colma di  radici.

Non dormirai invano  sorella...>> 




lunedì 27 maggio 2024

I fiori in cucina

 I fiori  sono colorati.

I fiori  sono  profumati.

I fiori  sono  buoni  da mangiare.

Due sono i libri dedicati alle delizie del palato  attraverso i  fiori:

Cucinare con i fiori di Lina Marenghi dove 101 ricette sono  divise tra antipasti, primi piatti, secondi, insalate (abbinate anche con la frutta), salse e condimenti (maionese saporite o  aceto  alle rose: provare per credere), dessert (frittata dolce di  iris...ci proverò...forse), liquori (capitolo  che gli  astemi possono tralasciare).

Immagine ©caterinAndemme

Il secondo libro è Rosa Rosae di  Ilaria Fioravanti e Maria Giulia Scolaro: il libro  è introdotto dalla tecnica per coltivare le rose, per poi  passare in un secondo  momento  alle ricette vere e proprie, tra le quali:   lo  sciroppo  di  rose, l'aceto  di  mele alle rose, amaretti  alle rose, frollini alla crema di  rose e ricotta....tutto senza spine!


mercoledì 1 maggio 2024

"Come cavalli che dormono in piedi" di Paolo Rumiz

 


Di Paolo  Rumiz ho un ricordo indelebile nella mia memoria, quando una sera di  alcuni  anni fa, nel  Parco naturale delle Capanne di  Marcarolo (siamo in provincia di  Alessandria), si  tenne un concerto della European Union Youth Orchestra con la voce dello  scrittore che leggeva alcuni  brani  dei  suoi libri, facendo così da filo  conduttore tra musica e parole. 

Purtroppo, la sera precedente all'evento, vi  fu un tragico  episodio dovuto  all'annegamento di un ragazzo nel  torrente lì vicino, ciò mise in forse lo svolgersi  del programma, poi  la decisione fu  quella di ricordare la vittima con un commovente assolo di  tromba sulle note del  silenzio.

Paolo  Rumiz insieme alla European Union Youth Orchestra (Immagine ©caterinAndemme)


Al termine del concerto, sfidando la barriera umana che si  era creata intorno  allo  scrittore, riuscii a farmi  fare una  dedica su uno dei  tanti libri  che ho  dell'autore, una dedica impreziosita da un disegno rappresentato  da una palma stilizzata tra le dune e uno  spicchio  di luna (per la cronaca il libro è Annibale

Chiudo  questo breve preambolo  sul mio  ricordo (abbastanza breve, vero?) per dare la mia impressione sul libro  di  Paolo  Rumiz Come cavalli  che dormono in piedi.

Mi piace molto come scrive  Paolo  Rumiz, godibile per la scioltezza delle parole e interessante per la descrizione dei luoghi  attraversati e i personaggi incontrati lungo i suoi  viaggi,  raccontando il tutto in maniera conviviale, quasi  che il lettore fosse lì in compagnia dell'autore e dei  suoi compagni  d'avventura.

Eppure, in Come cavalli  che dormono in piedi il tono è malinconicamente nostalgico, già  si  comprende dalla dedica che l'autore fa <<ai nonni che non ho mai  conosciuto>>.


 

Partendo  dal  ricordo  di  suo nonno Ferruccio, triestino come lui,  il quale durante la Prima guerra mondiale, Trieste allora, faceva parte dell'Impero  austroungarico, andrà a combattere sul fronte russo, in particolare in Galizia - regione storica oggi  compresa tra Polonia e Ucraina -  Paolo Rumiz vuole ricordare quei centomila uomini i quali, essendo  sudditi  dell'impero,  andranno  a combattere per gli  austroungarici  venendo vessati dagli ufficiali che non credevano nel loro  coraggio e, invece, più di una volta, dimostrarono il loro  valore sui  campi  di  battaglia.  

Quasi  fosse una censura, la stessa loro  memoria viene negata,  come se a quegli uomini, sempre italiani, fosse addossata la colpa di  avere combattuto per un'altra bandiera, dimenticando la verità storica dietro la tragedia di una guerra.



martedì 16 aprile 2024

Bibliomysteries: un quasi genere letterario

Immagine © caterinAndemme

Metto  subito in chiaro che il termine Bibliomysteries in effetti non esiste se non come titolo di una monografia scritta dall'editore (nonché libraio e bibliofilo) americano Otto Penzler.

In pratica, ogni storia poliziesca dove l'ambientazione della trama si  svolge in una libreria o biblioteca (un po'  anche lo Scriptorium del monastero  benedettino descritto  da Umberto Eco nel  suo  capolavoro In nome della Rosa), oppure il soggetto principale è un libraio, o un bibliotecario oppure un collezionista di libri  rari: ecco che, in tutti  questi  casi,  ci  troviamo in un quasi - filone letterario  che è appunto definito  con il termine di  Bibliomysteries.

A questo punto, se il termine è un'invenzione (o quasi), possiamo  domandarci quale sia stato in effetti il primo libro in assoluto da poter essere definito  come capostipite del  genere.

Ancora una volta è Otto Penzler a venire in nostro  soccorso,   indicando in Scrope, or The Lost Library di  Frederic Beecher Perkins  pubblicato  nel 1874, dove l'azione della storia si  svolge per l'appunto in una libreria specializzata in libri  antichi  e aste libraie.

Ovviamente è inutile cercare il libro in questione essendo praticamente introvabile ma, volendo,  possiamo  sempre accontentarci della sua versione digitale offerta da Google Libri:


Continuando nella cronologia dedicata ai Bibliomysteries, arriviamo  all'anno 1898, quando Ferguson Hume nella sua raccolta Hagar of the Pawn - Shop, la protagonista Hagar Stanley, una detective donna, si  trova davanti  a un enigma riguardante una seconda edizione della Divina Commedia di Dante.



Nel 1937 in These Names Make Clues di E.C.R. Lorac, l'ispettore capo Macdonald viene invitato  ad una caccia al  tesoro dall'editore Graham Coombe: il gioco  della caccia al  tesoro  termina quando  viene trovato il cadavere dello  scrittore di thriller Andrew Gardien.



Per terminare questa piccola raccolta di libri dedicata al Bibliomysteries,  un libro molto più recente, pubblicato nel 2015 è Disclaimer (in italiano pubblicato con il titolo Una vita perfetta) della scrittrice Renee Knight.

L'incipit del libro  è già di per sé  intrigante:

<< Immagina di  ricevere un libro  a casa tua. Non sai  chi lo ha scritto, non sai  come sia arrivato  fin lì.
Sai  solo  che dentro  c'è il tuo  segreto più pericoloso. Il segreto  che potrebbe distruggere la tua vita perfetta>>.

E' quanto Catherine Ravenscroft, una donna affermata per i suoi programmi  televisivi, dovrà affrontare trovando sul suo  comodino  un libro intitolato Il perfetto  sconosciuto dove, appunto, la storia è incentrata sulla sua vita e sul suo più intimo  segreto.

 



venerdì 29 marzo 2024

L' Airone non vola più

Il primo numero  di  Airone -maggio 1981

 Dopo  più di  quarant'anni  di pubblicazioni, i lettori più affezionati non troveranno più nelle edicole il mensile Airone.

Cairo Editore in una nota del  febbraio  scorso ha sospeso  la pubblicazione di  Airone, insieme ad altre riviste della stessa casa editrice quali Bell'Europa, Antiquariato, For Men e In Viaggio, adducendo  alla decisione un calo  delle vendite negli ultimi  anni, insieme alla contrazione del  mercato pubblicitario e incremento  dei  costi della carta.

Sempre nella nota, Cairo Editore assicura il ricollocamento  degli  esuberi e utilizzo  della formula del prepensionamento.

Una piccola speranza che Airone e le altre riviste  possano un giorno essere di nuovo pubblicate è nella parola sospensione (quindi da leggere come chiusura non definitiva).

In questo  caso è prevedibile che le testate ( o  alcune di  esse) prendano  vita nella forma digitale  legate ad abbonamenti.

Airone in una delle pubblicazioni  più recenti

Per ritornare ad Airone, io  stessa ero un'appassionata lettrice del mensile, fino  a quando, dopo la sua cessione dalla Giorgio  Mondadori  Editore a Cairo Editore, i contenuti editoriali  sono via via cambiati, fino a essere  ben lontani da quella forma divulgativa, in ogni  caso  di  qualità, che ha caratterizzato la rivista nei  suoi primi decenni.

Allora gli  articoli erano scritti da specialisti  di ogni  settore e accompagnati da immagini professionali (la stessa National  Geographic si  era complimentata per esse e per i  contenuti con la rivista) e da illustrazioni  di  artisti  del  calibro  di Marjolein Bastin e Robert Bateman 



venerdì 22 marzo 2024

"La vasca del Führer" di Serena Dandini

Mi piacciono quelle fotografie in bianco  e nero che raccontano  una storia.

A esempio  quella che ritrae una donna mentre si  lava in una vasca da bagno: l'occhio  di  chi  osserva si  sofferma sul viso  della donna, bellissima, poi scorre su  di un paio  di  anfibi  militari sporchi  di  fango  ai  piedi  della vasca.

infine su quel  elemento  che da solo  ci dirà dove ci  troviamo e in che periodo  della storia: una cornice sul bordo  della vasca con dentro  una foto  che ritrae Adolf Hitler.

Siamo  nell'aprile del 1945 a Berlino, precisamente in Prinzregenteplatz, la residenza del  Führer.

Lee Miller Penrose durante la Seconda guerra mondiale

Lei, la protagonista del  libro  di  Serena Dandini La vasca del Führer, è Lee Miller Penrose (Poughkeespie, New York, 23 aprile 1907 - Chiddingky, Regno Unito, 21 luglio 1977).

Per onore di  cronaca bisogna citare l'autore della fotografia e cioè il collega di  Lee Miller: David E. Scherman.

Lee Miller, insieme a Margaret Bouke-White, furono le uniche due donne accreditate presso l'esercito degli  Stati Uniti, durante l'ultimo  conflitto mondiale,  come fotoreporter di  guerra.

Lee Miller pochi  giorni  prima di  quella iconica immagine, dove appare molto stanca, ha fotografato gli orrori dei  campi  di  sterminio di  Dachau  e Buchenwald, lo  ha fatto per un servizio  che verrà pubblicato su  di una rivista che si occupa di  tutt'altra cosa rispetto  alla guerra: Vogue.

la storia della vita di  Lee Miller inizia con un dramma: all'età di  sette anni subisce una violenza sessuale, forse da parte di un amico  di  famiglia (non si è mai  saputo  chi  fosse stato il violentatore).

Ma è, quando diciannovenne, la fortuna le viene incontro in un modo che solo in alcune trame di  film sembra possibile.

Lei  cammina distrattamente per le strade di  Manhattan quando  sta per essere investita da un'automobile: a salvarla ci pensa un passante, non uno  qualunque, è Condé Montrose  Nast, proprietario  e fondatore di  Vogue e Vanity  Fair.

Lui rimane affascinato  dalla figura e bellezza della giovane donna tanto  da proporle di  diventare fotomodella per Vogue.

La prima foto in cui  Lee Miller appare nelle vesti  di  fotomodella risale al 15 marzo 1927,  da quella data in poi la sua carriera vola in un continuo  crescendo.

A parte un piccolo  episodio  accaduto l'anno  dopo, quando una sua foto  a figura intera venne utilizzata per una pubblicità per assorbenti intimi: mai  nessuno, prima di  allora, aveva fatto simile accostamento  che andava contro centri principi di una mentalità bigotta (mentre nell'Italia odierna si  è pensato  di  aumentare l'IVA sugli  assorbenti....scusate la divagazione).

Lei, però, a fare solo  la modella proprio  non ci pensa e quindi  decide di passare dall'altra parte dell'obiettivo recandosi  a Parigi  per diventare allieva di  Man Ray.

Con il tempo  sarà sempre più brava nell'arte fotografica, fino  a diventare, per l'appunto, una fotoreporter di  guerra.

Serena Dandini nel  suo libro La vasca del  Führer è molto  brava a seguire la storia di  Lee Miller nei  luoghi  dove ha vissuto, nei  suoi incontri con personaggi famosi  e nella descrizione di una donna formidabile, un genio libero, che ha saputo  anticipare quelle spinte necessarie affinché alle donne vengano riconosciuti i propri  diritti  nella società.

La vasca del  Führer si  legge come un romanzo, tanto più attraente per il fatto  che raconta una storia vera.


lunedì 11 marzo 2024

"La via dei Tarocchi" di Alejandro Jodorowsky e Marianne Costa


Per quanto  ne so, Alejandro Jodorowsky non siede più ai  tavoli del  Café La Teneraire di  Parigi offrendosi  di  leggere i Tarocchi, gratuitamente, agli  avventori che desideravano farlo.

Posso  solo  immaginare la delusione di  chi  avrebbe pensato di  avere dei  lumi sul proprio  futuro (cosa da chiromante di Luna Park).

Alejandro Jodorowsky

Per A.J. la lettura dei  Tarocchi è invece uno  strumento per fare riaffiorare tutto  ciò che nelle persone è  nascosto nel profondo  della psiche.

Il tutto  costruendo un mandala che,  come nelle parole di Carl G. Jung, è la rappresentazione della psiche stessa.

Nel  merito il libro si  compone di  quattro  parti e cioè:

- La prima ha lo  scopo di  farci  familiarizzare con la struttura globale dei  Tarocchi e con i riferimenti numerologici e simbolici a essi legati.

- La seconda parte l'autore esamina, uno per uno, gli  Arcani  maggiori  e quelli minori.

- Nella terza parte si  descrive lo  studio  dinamico dei  Tarocchi, il rapporto intercorrente tra una coppia di  carte e le relazioni con altre.

- L'ultima parte è dedicate interamente alla lettura pratica dei  Tarocchi.

 

 Inoltre, Alejandro Jodorowsky, fa riferimento unicamente ai Tarocchi  di  Marsiglia (per cui il complemento  al  testo prevede l'acquisto  di un mazzo di  queste carte), dando  a esse un'interpretazione minuziosa (fin troppo) ma personale, cosa che può differire dal punto  di  vista del  lettore.



giovedì 29 febbraio 2024

"Le storie che non conosci": la lettura nelle note di una canzone

Immagine ©caterinAndemme

 Esistono  canzoni  scritte per i libri,  ma la mia preferita rimane Le storie che non conosci  di  Samuele Bersani.

<< Chi ti dimenticato non si  sa 

se ti ha lasciato o se in realtà

ti sta cercando  ancora nella borsa tra patente e occhiali.

Hai dedica con data se è un regalo.

Un prezzo ben  nascosto dietro un adesivo.

E l'aria di  chi non ha un letto  fisso,

ma si appoggia in giro.

Sarai  mai stato in metropolitana

Su una corriera sudamericana 

in uno zaino pieno  a dondolarti sopra un treno.

Arrotolato nella tasca di un cappotto.

Chiuso  nel  buio  di un cassetto. 

Pagine unte con le briciole addosso

cerchi olimpici di  vino  rosso.

E una formica pietrificata del  secolo  scorso.



Ci  sono  dei  graffiti a coprire un fianco.
Spirali ipnotiche a matita in alto.
E poche righe sopravvissute a un pennarello  giallo.
Sarai  mai stata a rischio  di  bruciarti
O su una mensola ad impolverarti.
E riscoperto  da qualcuno che non ti aspettava
Lo hai  fatto  uscire da un periodo  nero
Uscire fuori ancora intero

Una storia che non conosci
non è mai  di  seconda mano 
E' come un viaggio improvvisato
a chilometraggio illimitato...>>