lunedì 24 giugno 2024

Tina Modotti: la vita di una donna tra fotografia e socialismo

 La bellezza di  Tina descritta  tra parole e immagine  


Tina Modotti (Udine, 17 agosto 1896 - Città del  Messico, 5 gennaio 1942)

<<Flessuosa, dalle curve soavi, l'andatura lenta e armoniosa, occhi  di un nero  ardente>>.

Dalla locandina  del  film del 1921 The tiger's coat

<<Tina è di  statura media, e di una bellezza straordinaria. Il suo  volto  dall'espressione tragica, mi ricorda la Duse.....>>.

Dichiarazione dello scrittore tedesco  Leo M. Matthias 

 

Tina Modotti - Edward Weston (1921)

C'è altro  modo per descrivere il fascino  di una donna oltre le parole?


Immagine ©caterinAndemme

A questo  aveva  aveva pensato il fotografo statunitense Edward Weston, fondatore insieme ad Ansel Adams del  Gruppo f/64 (valore del diaframma di un'ottica fotografica), dando  al nudo di  Tina Modotti la sensualità intrinseca di ogni  corpo  femminile che, però,   le causò il giudizio di  donna dai  facili  costumi in una campagna denigratoria capitanata dal  giornale messicano  Excelsior, alla quale solo il deciso  intervento del pittore Diego  Rivera che dichiarò di  avere avuto Tina Modotti in veste come modella per due suoi  murales, salvò  la stessa dall'accusa infamante di  essere una prostituta per darle il  giusto  ruolo  di modella professionale.

Una breve biografia 

Assunta Adelaide Luigia Modotti nasce a Udine il 17 agosto 1896 da un'umile famiglia nella  quale il padre, di professione muratore, era un fervente sostenitore del  socialismo. 

Per questioni  economiche la famiglia di  Tina Modotti emigrò in Austria a Klagenfurt quando lei  aveva solo  due anni: qui  nacquero altri  cinque figli  e cioè: Valentina, Jolanda Luisa, Mercedes, Pasquale ed Ernesto  (morto di  meningite a soli  tre anni).

Al  ritorno in Italia nel 1905, sempre a Udine, nasce l'ultimo  figlio Giuseppe Pietro.

In Italia Tina a soli  dodici  anni per aiutare economicamente la famiglia andò a lavorare come operaia in una fabbrica tessile sempre a Udine. 

Questo, però, non le impedì di  dare spazio alla sua passione dedicata alla fotografia frequentando, per imparare le fondamenta dell'arte, lo studio  fotografico  della zio paterno Pietro  Modotti.

Nel 1913 Tina Modotti  decide di  raggiungere  il padre e sua sorella Mercedes a San Francisco dove ritornò  a lavorare in un'altra fabbrica tessile ma, allo stesso tempo, incominciò a studiare recitazione.

Cinque anni dopo, quindi  nel 1918, sposò il pittore e poeta   Roubaix de l'Abrie Richey (soprannominato  Robo).

Il 1920 è l'anno  di  debutto  di  Tina Modotti nel mondo  del  cinema:

The Tiger's coat (Pelle di  tigre) fu il primo  dei  tre film interpretati  da Tina Modotti ed è l'unico  giunto  fino  a noi.

Per una certa virtù dettata dal  suo  fascino  esotico (Hollywood dava molto  risalto al suo aspetto  fisico  anziché  le  sue doti  di  recitazione) ebbe un buon successo  di  critica e pubblico.

Ma fu appunto il modo in cui il suo  viso  e corpo  furono lanciati  che indusse Tina Modotti a fare terminare anzitempo la sua carriera di  attrice.


Edward Weston da amante a marito (e Tina diventa una fotografa a livello  mondiale)

"Le mani  del  burattinaio" - Tina Modotti (1921)

Edward Weston conobbe Tina Modotti nel 1921 grazie dietro  alla presentazione da parte di  suo  marito  Robo: nel  giro  di un anno lei  divenne dapprima la sua modella preferita, poi assistente di  studio e, una volta affinata la sua tecnica, lei  stessa fotografa. 

Intanto, nello  stesso  anno, Robo decide di  trasferirsi in Messico, nazione che dopo la rivoluzione è in pieno  fermento culturale e sociale.

Tina, insieme a Weston, partono per Città del  Messico per raggiungere il marito malato, purtroppo  i  due arriveranno nella capitale messicana due giorni  dopo  che Robo era morto per un attacco  di  febbre forse causato  dal  vaiolo. 

In Messico  ebbe modo  di  conoscere personaggi illustri tra i  quali Ernest Hemingway, Robert Capa, Frida Khalo.

Il libro: Tina di Pino Cacucci 



La vita di  Tina Modotti subisce in Messico  quasi una metamorfosi che la vede da fotografa affermata a rivoluzionaria combattente nelle file di  Soccorso  rosso internazionale e poi nelle Brigate internazionali in Spagna durante la Guerra civile spagnola.

E' una storia complessa questa che si potrebbe definire come la seconda vita di  Tina Modotti, allora in aiuto alla conoscenza occorre leggere il libro  di  Pino Cacucci Tina per averne una giusta interpretazione.

Il libro è una biografia romanzata (è in quelle parti  romanzate che ho  trovato l'unica pecca del libro, in quanto i dialoghi inventati  dall'autore mi sembrano  fin  troppo  posticci....ma è solo una mia impressione).



A un certo punto nel libro la vita di  Tina Modotti viene messa da parte dall'autore, ma solo per descriverne il contesto  e gli  accadimenti  storici: così il lettore può comprendere cosa sia stata la dittatura di  Stalin, mandante della morte di  Lev Trockij, di  come durante la Guerra Civile in Spagna vi  sia stata un'altra guerra civile che riguardava i  comunisti  contro  gli  anarchici, della spregiudicatezza di alcuni personaggi  come l'ambiguo Vittorio  Vidali.

Vidali e Tina Modotti una relazione tossica 

Tina Modotti muore a Città del Messico il 5 gennaio 1942 in maniera che per alcuni rimane misteriosa.

Tra questi Diego  Rivera che affermò che Tina venne avvelenata dallo  stesso Vidali in quanto  era a conoscenza delle sue attività illecite per conto  dei  servizi  segreti  russi.

Naturalmente è questa solo un'illazione che non trova nessun riscontro in nessun documento, per cui possiamo  solo  accontentarci  dell'epitaffio scritto  da Pablo  Neruda e che si può leggera sulla tomba di  Tina Modotti:

<< Tina Modotti, sorella,  tu non dormi, no, non dormi: forse il tuo  cuore sente crescere la rosa di ieri,

l'ultima rosa rosa di ieri, la nuova rosa.

Riposa dolcemente sorella.

La nuova rosa è tua, la nuova terra è tua: ti  sei  messa una nuova veste di  semente profonda e il tuo  soave silenzio si colma di  radici.

Non dormirai invano  sorella...>> 




lunedì 27 maggio 2024

I fiori in cucina

 I fiori  sono colorati.

I fiori  sono  profumati.

I fiori  sono  buoni  da mangiare.

Due sono i libri dedicati alle delizie del palato  attraverso i  fiori:

Cucinare con i fiori di Lina Marenghi dove 101 ricette sono  divise tra antipasti, primi piatti, secondi, insalate (abbinate anche con la frutta), salse e condimenti (maionese saporite o  aceto  alle rose: provare per credere), dessert (frittata dolce di  iris...ci proverò...forse), liquori (capitolo  che gli  astemi possono tralasciare).

Immagine ©caterinAndemme

Il secondo libro è Rosa Rosae di  Ilaria Fioravanti e Maria Giulia Scolaro: il libro  è introdotto dalla tecnica per coltivare le rose, per poi  passare in un secondo  momento  alle ricette vere e proprie, tra le quali:   lo  sciroppo  di  rose, l'aceto  di  mele alle rose, amaretti  alle rose, frollini alla crema di  rose e ricotta....tutto senza spine!


mercoledì 1 maggio 2024

"Come cavalli che dormono in piedi" di Paolo Rumiz

 


Di Paolo  Rumiz ho un ricordo indelebile nella mia memoria, quando una sera di  alcuni  anni fa, nel  Parco naturale delle Capanne di  Marcarolo (siamo in provincia di  Alessandria), si  tenne un concerto della European Union Youth Orchestra con la voce dello  scrittore che leggeva alcuni  brani  dei  suoi libri, facendo così da filo  conduttore tra musica e parole. 

Purtroppo, la sera precedente all'evento, vi  fu un tragico  episodio dovuto  all'annegamento di un ragazzo nel  torrente lì vicino, ciò mise in forse lo svolgersi  del programma, poi  la decisione fu  quella di ricordare la vittima con un commovente assolo di  tromba sulle note del  silenzio.

Paolo  Rumiz insieme alla European Union Youth Orchestra (Immagine ©caterinAndemme)


Al termine del concerto, sfidando la barriera umana che si  era creata intorno  allo  scrittore, riuscii a farmi  fare una  dedica su uno dei  tanti libri  che ho  dell'autore, una dedica impreziosita da un disegno rappresentato  da una palma stilizzata tra le dune e uno  spicchio  di luna (per la cronaca il libro è Annibale

Chiudo  questo breve preambolo  sul mio  ricordo (abbastanza breve, vero?) per dare la mia impressione sul libro  di  Paolo  Rumiz Come cavalli  che dormono in piedi.

Mi piace molto come scrive  Paolo  Rumiz, godibile per la scioltezza delle parole e interessante per la descrizione dei luoghi  attraversati e i personaggi incontrati lungo i suoi  viaggi,  raccontando il tutto in maniera conviviale, quasi  che il lettore fosse lì in compagnia dell'autore e dei  suoi compagni  d'avventura.

Eppure, in Come cavalli  che dormono in piedi il tono è malinconicamente nostalgico, già  si  comprende dalla dedica che l'autore fa <<ai nonni che non ho mai  conosciuto>>.


 

Partendo  dal  ricordo  di  suo nonno Ferruccio, triestino come lui,  il quale durante la Prima guerra mondiale, Trieste allora, faceva parte dell'Impero  austroungarico, andrà a combattere sul fronte russo, in particolare in Galizia - regione storica oggi  compresa tra Polonia e Ucraina -  Paolo Rumiz vuole ricordare quei centomila uomini i quali, essendo  sudditi  dell'impero,  andranno  a combattere per gli  austroungarici  venendo vessati dagli ufficiali che non credevano nel loro  coraggio e, invece, più di una volta, dimostrarono il loro  valore sui  campi  di  battaglia.  

Quasi  fosse una censura, la stessa loro  memoria viene negata,  come se a quegli uomini, sempre italiani, fosse addossata la colpa di  avere combattuto per un'altra bandiera, dimenticando la verità storica dietro la tragedia di una guerra.



martedì 16 aprile 2024

Bibliomysteries: un quasi genere letterario

Immagine © caterinAndemme

Metto  subito in chiaro che il termine Bibliomysteries in effetti non esiste se non come titolo di una monografia scritta dall'editore (nonché libraio e bibliofilo) americano Otto Penzler.

In pratica, ogni storia poliziesca dove l'ambientazione della trama si  svolge in una libreria o biblioteca (un po'  anche lo Scriptorium del monastero  benedettino descritto  da Umberto Eco nel  suo  capolavoro In nome della Rosa), oppure il soggetto principale è un libraio, o un bibliotecario oppure un collezionista di libri  rari: ecco che, in tutti  questi  casi,  ci  troviamo in un quasi - filone letterario  che è appunto definito  con il termine di  Bibliomysteries.

A questo punto, se il termine è un'invenzione (o quasi), possiamo  domandarci quale sia stato in effetti il primo libro in assoluto da poter essere definito  come capostipite del  genere.

Ancora una volta è Otto Penzler a venire in nostro  soccorso,   indicando in Scrope, or The Lost Library di  Frederic Beecher Perkins  pubblicato  nel 1874, dove l'azione della storia si  svolge per l'appunto in una libreria specializzata in libri  antichi  e aste libraie.

Ovviamente è inutile cercare il libro in questione essendo praticamente introvabile ma, volendo,  possiamo  sempre accontentarci della sua versione digitale offerta da Google Libri:


Continuando nella cronologia dedicata ai Bibliomysteries, arriviamo  all'anno 1898, quando Ferguson Hume nella sua raccolta Hagar of the Pawn - Shop, la protagonista Hagar Stanley, una detective donna, si  trova davanti  a un enigma riguardante una seconda edizione della Divina Commedia di Dante.



Nel 1937 in These Names Make Clues di E.C.R. Lorac, l'ispettore capo Macdonald viene invitato  ad una caccia al  tesoro dall'editore Graham Coombe: il gioco  della caccia al  tesoro  termina quando  viene trovato il cadavere dello  scrittore di thriller Andrew Gardien.



Per terminare questa piccola raccolta di libri dedicata al Bibliomysteries,  un libro molto più recente, pubblicato nel 2015 è Disclaimer (in italiano pubblicato con il titolo Una vita perfetta) della scrittrice Renee Knight.

L'incipit del libro  è già di per sé  intrigante:

<< Immagina di  ricevere un libro  a casa tua. Non sai  chi lo ha scritto, non sai  come sia arrivato  fin lì.
Sai  solo  che dentro  c'è il tuo  segreto più pericoloso. Il segreto  che potrebbe distruggere la tua vita perfetta>>.

E' quanto Catherine Ravenscroft, una donna affermata per i suoi programmi  televisivi, dovrà affrontare trovando sul suo  comodino  un libro intitolato Il perfetto  sconosciuto dove, appunto, la storia è incentrata sulla sua vita e sul suo più intimo  segreto.

 



venerdì 29 marzo 2024

L' Airone non vola più

Il primo numero  di  Airone -maggio 1981

 Dopo  più di  quarant'anni  di pubblicazioni, i lettori più affezionati non troveranno più nelle edicole il mensile Airone.

Cairo Editore in una nota del  febbraio  scorso ha sospeso  la pubblicazione di  Airone, insieme ad altre riviste della stessa casa editrice quali Bell'Europa, Antiquariato, For Men e In Viaggio, adducendo  alla decisione un calo  delle vendite negli ultimi  anni, insieme alla contrazione del  mercato pubblicitario e incremento  dei  costi della carta.

Sempre nella nota, Cairo Editore assicura il ricollocamento  degli  esuberi e utilizzo  della formula del prepensionamento.

Una piccola speranza che Airone e le altre riviste  possano un giorno essere di nuovo pubblicate è nella parola sospensione (quindi da leggere come chiusura non definitiva).

In questo  caso è prevedibile che le testate ( o  alcune di  esse) prendano  vita nella forma digitale  legate ad abbonamenti.

Airone in una delle pubblicazioni  più recenti

Per ritornare ad Airone, io  stessa ero un'appassionata lettrice del mensile, fino  a quando, dopo la sua cessione dalla Giorgio  Mondadori  Editore a Cairo Editore, i contenuti editoriali  sono via via cambiati, fino a essere  ben lontani da quella forma divulgativa, in ogni  caso  di  qualità, che ha caratterizzato la rivista nei  suoi primi decenni.

Allora gli  articoli erano scritti da specialisti  di ogni  settore e accompagnati da immagini professionali (la stessa National  Geographic si  era complimentata per esse e per i  contenuti con la rivista) e da illustrazioni  di  artisti  del  calibro  di Marjolein Bastin e Robert Bateman 



venerdì 22 marzo 2024

"La vasca del Führer" di Serena Dandini

Mi piacciono quelle fotografie in bianco  e nero che raccontano  una storia.

A esempio  quella che ritrae una donna mentre si  lava in una vasca da bagno: l'occhio  di  chi  osserva si  sofferma sul viso  della donna, bellissima, poi scorre su  di un paio  di  anfibi  militari sporchi  di  fango  ai  piedi  della vasca.

infine su quel  elemento  che da solo  ci dirà dove ci  troviamo e in che periodo  della storia: una cornice sul bordo  della vasca con dentro  una foto  che ritrae Adolf Hitler.

Siamo  nell'aprile del 1945 a Berlino, precisamente in Prinzregenteplatz, la residenza del  Führer.

Lee Miller Penrose durante la Seconda guerra mondiale

Lei, la protagonista del  libro  di  Serena Dandini La vasca del Führer, è Lee Miller Penrose (Poughkeespie, New York, 23 aprile 1907 - Chiddingky, Regno Unito, 21 luglio 1977).

Per onore di  cronaca bisogna citare l'autore della fotografia e cioè il collega di  Lee Miller: David E. Scherman.

Lee Miller, insieme a Margaret Bouke-White, furono le uniche due donne accreditate presso l'esercito degli  Stati Uniti, durante l'ultimo  conflitto mondiale,  come fotoreporter di  guerra.

Lee Miller pochi  giorni  prima di  quella iconica immagine, dove appare molto stanca, ha fotografato gli orrori dei  campi  di  sterminio di  Dachau  e Buchenwald, lo  ha fatto per un servizio  che verrà pubblicato su  di una rivista che si occupa di  tutt'altra cosa rispetto  alla guerra: Vogue.

la storia della vita di  Lee Miller inizia con un dramma: all'età di  sette anni subisce una violenza sessuale, forse da parte di un amico  di  famiglia (non si è mai  saputo  chi  fosse stato il violentatore).

Ma è, quando diciannovenne, la fortuna le viene incontro in un modo che solo in alcune trame di  film sembra possibile.

Lei  cammina distrattamente per le strade di  Manhattan quando  sta per essere investita da un'automobile: a salvarla ci pensa un passante, non uno  qualunque, è Condé Montrose  Nast, proprietario  e fondatore di  Vogue e Vanity  Fair.

Lui rimane affascinato  dalla figura e bellezza della giovane donna tanto  da proporle di  diventare fotomodella per Vogue.

La prima foto in cui  Lee Miller appare nelle vesti  di  fotomodella risale al 15 marzo 1927,  da quella data in poi la sua carriera vola in un continuo  crescendo.

A parte un piccolo  episodio  accaduto l'anno  dopo, quando una sua foto  a figura intera venne utilizzata per una pubblicità per assorbenti intimi: mai  nessuno, prima di  allora, aveva fatto simile accostamento  che andava contro centri principi di una mentalità bigotta (mentre nell'Italia odierna si  è pensato  di  aumentare l'IVA sugli  assorbenti....scusate la divagazione).

Lei, però, a fare solo  la modella proprio  non ci pensa e quindi  decide di passare dall'altra parte dell'obiettivo recandosi  a Parigi  per diventare allieva di  Man Ray.

Con il tempo  sarà sempre più brava nell'arte fotografica, fino  a diventare, per l'appunto, una fotoreporter di  guerra.

Serena Dandini nel  suo libro La vasca del  Führer è molto  brava a seguire la storia di  Lee Miller nei  luoghi  dove ha vissuto, nei  suoi incontri con personaggi famosi  e nella descrizione di una donna formidabile, un genio libero, che ha saputo  anticipare quelle spinte necessarie affinché alle donne vengano riconosciuti i propri  diritti  nella società.

La vasca del  Führer si  legge come un romanzo, tanto più attraente per il fatto  che raconta una storia vera.


lunedì 11 marzo 2024

"La via dei Tarocchi" di Alejandro Jodorowsky e Marianne Costa


Per quanto  ne so, Alejandro Jodorowsky non siede più ai  tavoli del  Café La Teneraire di  Parigi offrendosi  di  leggere i Tarocchi, gratuitamente, agli  avventori che desideravano farlo.

Posso  solo  immaginare la delusione di  chi  avrebbe pensato di  avere dei  lumi sul proprio  futuro (cosa da chiromante di Luna Park).

Alejandro Jodorowsky

Per A.J. la lettura dei  Tarocchi è invece uno  strumento per fare riaffiorare tutto  ciò che nelle persone è  nascosto nel profondo  della psiche.

Il tutto  costruendo un mandala che,  come nelle parole di Carl G. Jung, è la rappresentazione della psiche stessa.

Nel  merito il libro si  compone di  quattro  parti e cioè:

- La prima ha lo  scopo di  farci  familiarizzare con la struttura globale dei  Tarocchi e con i riferimenti numerologici e simbolici a essi legati.

- La seconda parte l'autore esamina, uno per uno, gli  Arcani  maggiori  e quelli minori.

- Nella terza parte si  descrive lo  studio  dinamico dei  Tarocchi, il rapporto intercorrente tra una coppia di  carte e le relazioni con altre.

- L'ultima parte è dedicate interamente alla lettura pratica dei  Tarocchi.

 

 Inoltre, Alejandro Jodorowsky, fa riferimento unicamente ai Tarocchi  di  Marsiglia (per cui il complemento  al  testo prevede l'acquisto  di un mazzo di  queste carte), dando  a esse un'interpretazione minuziosa (fin troppo) ma personale, cosa che può differire dal punto  di  vista del  lettore.



giovedì 29 febbraio 2024

"Le storie che non conosci": la lettura nelle note di una canzone

Immagine ©caterinAndemme

 Esistono  canzoni  scritte per i libri,  ma la mia preferita rimane Le storie che non conosci  di  Samuele Bersani.

<< Chi ti dimenticato non si  sa 

se ti ha lasciato o se in realtà

ti sta cercando  ancora nella borsa tra patente e occhiali.

Hai dedica con data se è un regalo.

Un prezzo ben  nascosto dietro un adesivo.

E l'aria di  chi non ha un letto  fisso,

ma si appoggia in giro.

Sarai  mai stato in metropolitana

Su una corriera sudamericana 

in uno zaino pieno  a dondolarti sopra un treno.

Arrotolato nella tasca di un cappotto.

Chiuso  nel  buio  di un cassetto. 

Pagine unte con le briciole addosso

cerchi olimpici di  vino  rosso.

E una formica pietrificata del  secolo  scorso.



Ci  sono  dei  graffiti a coprire un fianco.
Spirali ipnotiche a matita in alto.
E poche righe sopravvissute a un pennarello  giallo.
Sarai  mai stata a rischio  di  bruciarti
O su una mensola ad impolverarti.
E riscoperto  da qualcuno che non ti aspettava
Lo hai  fatto  uscire da un periodo  nero
Uscire fuori ancora intero

Una storia che non conosci
non è mai  di  seconda mano 
E' come un viaggio improvvisato
a chilometraggio illimitato...>>




lunedì 26 febbraio 2024

"Urbex. La seduzione dell'abbandono" di Valentina Cresta, Simonetta Mazzi, Luciano Rosselli


 Anni  addietro, quando  ancora potevo essere considerata una ragazza (anch'io ho  il vizio  di invecchiare), mi trovavo in Irpinia per un breve giro  esplorativo in questa bella terra del  nostro  Meridione.

Non potevo, quindi, farmi mancare una visita nel  capoluogo  di provincia, cioè Avellino.

Camminando  per il centro  cittadino venni  attratta da un enorme edificio in evidente stato  di  abbandono e circondato  da una recinzione.

Proprio  mentre stavo  sbirciando tra le maglie della rete (in realtà cercavo un varco per entrare), un gentilissimo  custode, vedendomi  armata di  macchina fotografica, mi consentì di  entrare.

L'edificio in questione era l'ex Carcere Borbonico in uso  fino  al 1980 che oggi, dopo  la sua ristrutturazione, è il più importante polo  museale dell'Irpinia.

Allora non sapevo  ancora dell'esistenza dell'Urban exploration ( a volte abbreviato in Urbex), tanto  meno  di  esserne diventata una neo  adepta.

La nascita dell'Urban exploration risale agli  anni '90 e il suo interesse è strettamente legato  alla fotografia (in effetti il libro  che vi  propongo è composto  soprattutto  di immagini).

L'ideatore di questo movimento fu il canadese Jeff Chapman (deceduto  a Toronto  nel 2005), conosciuto in rete con il nickname Ninjalicious.

Jeff Chapman ha comunque dettato  delle regole per esercitare questa passione che si possono  riassumere in questa frase:

<<Take only photographas, leave only footprints>>

Assieme all'invito  di  scattare solo  delle fotografie e di lasciare solo le proprie orme, le altre raccomandazioni  sono  quelle di muoversi in gruppo e di  vestire con indumenti  adeguati (il tacco 12 non è parte di un indumento  adeguato).

E' in ogni  caso  bene ricordare che se un edificio è in uno  stato  di  abbandono lo stesso può essere (e in effetti lo è) proprietà di  qualcuno: la violazione della proprietà privata è punita dall'articolo 614 del nostro  Codice Penale.

P.S. nel  mio  blog che vi  ricordo  essere IL blog di  Caterina) ho  scritto  della mia piccola avventura in Irpinia (postando  alcune immagini) nell'articolo intitolato Urbex, alla ricerca dei luoghi perduti.



sabato 10 febbraio 2024

Picatrix, ovvero "Il fine del saggio"


Premetto  che Picatrix non è un libro  da comodino, quindi  non concilia il sonno, oppure, al contrario, in alcuni può indurlo.

Non è neanche classificabile come uno  pseudobiblia (vedi box seguente) come, per esempio, il Necronomicon invenzione letteraria di  H.P. Lovecraft.


Dunque, cosa è Picatrix?

Il curatore di  questa edizione, Paolo Aldo  Rossi, docente di  Storia del pensiero  scientifico presso  l'Università di  Genova,  spiega che il libro  è la prima traduzione in italiano del  testo integrale in latino (a sua volta tradotto  dall'arabo) dell'opera originale Ghayat al-hakim (in italiano Il fine del  saggio).

Picatrix è il testo più diffuso  nel  campo della magia teorica - cerimoniale nel  medioevo e nell'epoca rinascimentale lo si poteva trovare tra le raccolte dei  maggiori  filosofi: da Pico della Mirandola a Marsilio Ficino, da Leonardo a Campanella

Ovviamente la Chiesa ci  mise ben poco a bollare il Picatrix come un manuale satanico.

Immagine ©caterinAndemme

Pur non essendo un'appassionata di  esoterismo - riconoscendo , però, che sotto la scorza della vita quotidiana scorrono  delle correnti subliminali che arrivano in superficie, ma che il loro  riconoscimento  dipende dalla sensibilità soggettiva - ho  acquistato il libro per la curiosità (e perché il prezzo  di  copertina era ridotto del  cinquanta per cento) verso  la lettura di un testo del pensiero  magico - esoterico.

Adesso  vi lascio perché questa sera ho un invito  al  Sabba e non voglio  sfigurare davanti alle mie sorelle......